Paesi di emigrazione
BrasileData di partenza
1930Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Giorgio affonda la penna nella memoria della sua famiglia, ricostruendo i giorni dell’emigrazione in Brasile quando era piccolissimo, sulla base dei racconti che gli sono stati fatti dalla madre negli anni successivi e dei suoi ricordi di bambino che sono sopravvissuti al trascorrere del tempo.
Di mio padre so molto, perché me ne parlava spesso mia madre, mostrandomi anche fotografie scattate in vari luoghi; ma direttamente ricordo poco, solo episodi brevi e separati ma molto vivi e ‘a colori’, e tutti ambientati in Brasile. Dopo le nozze, la decisione di mio padre di andare in Brasile non costituì per mia madre un problema: fin dall’infanzia era stata abituata a viaggiare; inoltre, amava molto il suo impetuoso marito. Ma anche Siro doveva amarla davvero molto se, pur di sposarla, e in chiesa come lei voleva, acconsentì farsi battezzare. Infatti, suo padre Tito, socialista ottocentesco fieramente anticlericale, non aveva fatto battezzare nessuno dei suoi figli; e il matrimonio religioso del suo primo figlio gli procurò un vero dispiacere. Appena sbarcato a Bahia (Salvador da Bahia de Todos os Santos, capoluogo della regione di Bahia) con la sposa, il giovane medico avrebbe voluto correre a lavorare nella foresta. Ma la legge brasiliana glielo impediva: prima, doveva fare un corso di convalida della sua laurea bolognese. Così rimasero a Bahia, in una casa della Avenida do Farol (Viale del Faro), dove nacqui io un anno dopo. Poi con il neonato i miei genitori partirono per l’interno, muovendosi tra i villaggi del Serto ai margini della foresta, e anche dentro la foresta. Due anni dopo di me nacquero due gemelli, e allora mio padre si rese conto che la foresta con le capanne e le piroghe era un ambiente poco adatto a una giovane madre con tre bimbetti; si spostò nel serto ai margini del Mato in un paesello polveroso che si chiamava Jequié, dove c’erano anche una piccola chiesa e varie case in muratura. Prese in affitto la più bella di queste, con un giardino pieno di alberi e un grande cortile recintato, e aprì uno studio medico, forse l’unico in un raggio di non so quanti chilometri. E qui da ogni parte venivano a farsi curare indios e meticci, arrivavano con carri a cavalli che legavano al cancello, e pagavano con galline, maiali, manioca, cesti di frutta, anche con uccelli variopinti, scimmie ed altri animali.
Il viaggio
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