Mestieri
Corpo forestaleLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
UgandaData di partenza
2002Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Giuseppe Giorni accumula esperienze e affetti nel corso della sua esperienza in Uganda, presso una piccola missione gestita dai padri comboniani. L’amore per un bambino locale, rimasto orfano, lo porterà al ritorno in Italia ad attivare le procedure per un’adozione a distanza.
Domenica 03 febbraio 2002
È domenica, giorno di festa la gente arriva alla missione da tutte le parti, a piedi naturalmente, tutti indossano il vestito più bello che hanno per venire a messa. Chi non ha un vestito decente non viene. Con la coda dell’occhio ho visto un bambino vestito con due stracci dentro un bananeto, ho capito che sarebbe uno di quelli che non verrebbe a messa, mi sono fatto avanti facendogli capire che mi doveva aspettare li, sono corso a prendere una camicia e delle caramelle per dargliele. Con titubanza ha accettato e dopo essersi mangiato le caramelle si è tolto quello straccio per indossare la camicia. Poi è sparito. Più tardi l’ho rivisto fuori della chiesa per venire a messa aveva messo anche un paio di pantaloni. C’era anche il mio preferito guarda il caso stava lentamente intingendo il ditino sulla nutella che gli avevo dato. A un certo punto ha passato il vasetto proprio al bambino con la mia camicia. Così pure il chierichetto aveva rinnovato i pantaloni, gli stavano veramente bene. Da come erano vestiti i ragazzi si capiva se erano indumenti africani o donazioni di altri paesi. In chiesa durante la messa ero circondato da bambini che mi guardavano con quegli occhioni io facevo loro una carezza o davo un pizzicotto, poi all’uscita dalla messa non vi dico…… se dovessi ritornare in questi luoghi mi porterei una valigia intera di caramelle, cappellini penne biro. Questo padre ti sorprende sempre è difficile a capire e non ti dice mai nulla. A pranzo c’erano tre trentini in più arrivati dall’Italia Alcide, Ezio e Ottavio, alloggeranno a Kyamuhunga l’altra missione dove anche noi dovremmo andare. Mi dispiace lasciare Bitoma ma soprattutto lasciare Francisco. Una ragazza questa sera mi ha preso per mano, io non capivo dove mi volesse portare, mi sono fidato ritrovandomi nella capanna di Francisco, la mamma con i fratelli erano lì ad aspettarmi mi hanno fatto passare nella stanza dell’accoglienza, è un quadrato di meno di due metri di lato con tante immagini sacre appese alle pareti, non ho visto altro, ma posso immaginare il resto. Mi hanno offerto due uova, ho preferito non prenderle, si saranno offesi? Visto che mi hanno poi offerto una cocacola. Ho capito che il babbo è morto e Fransisco è l’ultimo di quattro figli, come me. I bambini tutti, compreso la mamma, si erano tolti i vestiti buoni per rimettersi i panni da lavoro.
Lunedì 04 febbraio 2002
Questa mattina alla messa il mio tesoro era li come sempre seduto nella solita panca. Per evitare che altri mi vedessero dargli qualche cosa all’uscita dalla messa, l’ho fatto in chiesa. Gli ho messo nella manina, perché non riuscivo trovare una tasca, una banconota che avevo già preparato arrotolata, la più grossa in valore che esiste in Uganda. Lui la stringeva come tutte le cose che si danno ad un bambino senza rendersene conto. Naturalmente si vedeva che qualche cosa aveva in mano perché da tutti e due i lati gli spuntava un pezzetto di carta. Io controllavo che non gli cascasse per terra. La madre che era nella panca dietro di noi probabilmente avrà notato tutto ciò. Usciti dalla messa siamo andati a fare colazione poi al lavoro alla missione. Il caldo di giorno aumenta come aumenta il lavoro. Il motto dei missionari comboniani è “nigrizia o morte” il nostro è “nigrizia e lavoro”. Alla missione lavorano cinquantaquattro giovani quasi tutti sposati e stipendiati dalla missione con salario di circa 4000 lire al giorno. Quando gli operai finiscono il loro turno noi rientriamo alla missione di Bitoma. Al rosario prima di entrare in chiesa, fuori dalla porta, c’era la mamma di Francisco con qualche altra persona. Io mi aspettavo un sorriso, una stretta di mano o un inchino come fanno loro non perché lo avessi preteso, me lo aspettavo soltanto, invece ho trovato in quella signora un’espressione di tristezza e malinconia. Non l’ho più veduta all’uscita, il padre ha voluto che rientrassi subito con lui. Posso solo dire dopo una domenica vissuta a pieno contatto con questa gente, giocando e scherzando con i bambini, questa sera al rosario erano almeno triplicati.
Il viaggio
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