Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
GermaniaData di partenza
1969Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Giovanissima, Paola Giusti si scopre affetta da melingomielite, una malattia invalidante che ne minerà per sempre l’integrità fisica. Paola lotta accanitamente per difendere la sua “normalità” di vita, ma con il passare del tempo dovrà accettare che le cose per lei non torneranno più quelle di prima. Ma il desiderio di fare esperienze, rendersi autonoma e trovare la sua strada non verranno mai meno. Comincia a viaggiare e nel 1968 sceglie Parigi come meta della sua prima incursione fuori dall’Italia.
Maggio 1965
Ho trascorso cinque anni entrando ed uscendo da molteplici strutture di Riabilitazione: degenza nell’Ospedale al Mare di Venezia Lido, nella Casa di Cure Marine a Tirrenia (Pisa), nel Centro Traumatologico Ortopedico a Firenze(C.T.O.) e ambulatoriamente in Istituti di Fisioterapia, palestre private, piscine . Mi sono diplomata insegnante elementare a Firenze, anche se in ritardo, a seguito del volontario ritiro da scuola per un anno, poichè a quel tempo sentivo la riabilitazione più impellente, più urgente e più importante dello studio. Siccome faticavo troppo ad applicarmi sui libri e contemporaneamente seguire terapie stressanti, avevo puntato sul recupero fisico prima che sul diploma ed ero stata felicissima quando un medico dell’Istituto Rizzoli di Bologna aveva commentato a Mamma “meglio un asino vivo che un professore morto” perchè lei si lagnava della mia decisione d’interrompere l’anno scolastico che stavo frequentando e pensava di trovare alleato quel dottore. Nell’udire la frase che mi spalleggiava, avrei voluto abbracciarlo, ma per timidezza ero rimasta in silenzio a gustarmi il disappunto di mia Madre, che tentava in ogni maniera di farmi cambiare idea. Persino gli insegnati mi dicevano che non avrei dovuto “perdere l’anno” visto che andavo bene e in pagella avevo avuto buoni voti, eppure, sola contro tutti, ero decisa, testarda e irremovibile!
Dopo il diploma mi sono iscritta all’Università, Facoltà di Magistero, Sezione Lingue Straniere, ma devo purtroppo constatare che l’illusione di tornare come ero prima del fatale luglio 1960 è stata davvero un’illusione, una irrealizzabile astrazione, un ideale che comunque mi ha motivata nel fare tanta ginnastica da cui ho tratto giovamento, mi ha aiutata a combattere l’invalidità grave, mi ha reso una 21enne autonoma, pur con un visibile deficit motorio permanente, malgrado adesso ce la faccia a camminare senza bastone. Quando non potevo farne a meno, mi feriva il fatto che per strada qualche bambino si voltasse a guardarmi e la mamma lo strattonasse, mentre lui candidamente domandava : ” perché quella cammina così?” La spontaneità e la sincerità dei bimbi a volte fa male, anche se non ne hanno colpa e rispondere alle loro domande può essere imbarazzante.
Io so di essere arrivata al capolinea. Mi è chiaro che non migliorerò oltre, ho raggiunto il massimo del massimo, da due anni non faccio progressi. Quando diciottenne necessitavo ancora del bastone, il direttore della Fisioterapia presso il Centro Traumatologico Ortopedico di Firenze s’infastidiva alle mie insistenze per il rinnovo ciclo della idrochinesiterapia e mi ripeteva:- “Si guardi attorno, tante vorrebbero essere come Lei, vada a ballare, vada a sciare. Lei ha la pantalono/mania e la sottano/fobia”- alludendo al fatto che indossavo sempre pantaloni, senza mettere mai la gonna, causa il perpetuo freddo che sentivo alle gambe e un po’anche per occultarle. Se ne avessi avuto la forza, certo che sarei andata con smisurato piacere a ballare, come pretendeva quel dottore che mi appariva pressappochista e facilone, ma davvero mi era impossibile . A posteriori ho compreso che quel dottore sapeva che non avrei recuperato al 100% come credevo io e che i miei sforzi erano inutili, il mio impegno era sterile. A quell’epoca, però, sembrandomi di non essere considerata da lui come paziente che voleva fare di tutto per tornare normale, avevo lasciato la struttura sanitaria pubblica , mi ero rivolta a quella privata e vi avevo trovato più attenzione ; ero migliorata ancora un pochino, solo un pochino, fino a poter lasciare il bastone, ma forse più per volontà psicologica di non averlo, che per reale aumento di forza. Finalmente mi sentivo meno paurosa, meno insicura, per quanto zoppicante, tuttavia…… a ventuno anni mi rendo conto che tornare mobile, agile come prima del fatale luglio1960 è purtroppo un’utopia. Avevo sempre creduto fermamente che la mia malattia avrebbe avuto un decorso di guarigione lungo e difficile più di morbillo, varicella, bronchite o qualsiasi altra già avuta e superata, ma non avevo considerato che non sarei mai più tornata come prima. Ora mi accorgo invece che dovrò convivere con la mia andatura claudicante, coi miei limiti motori e con un equilibrio statico alquanto fragile. I muscoli colpiti non diventeranno forti mai più.
Luglio 1965 – agosto 1968
Ora devo e voglio recuperare cinque anni di semi-isolamento : le mie coetanee hanno già esperimentato i primi flirts , le festicciole da ballo, qualcuna è sposata o incinta ; io ho conosciuto solo libri, disciplina, sacrifici, ospedali, gente handicappata . Dicono che sembro più matura della mia età, invece mi sento ingenua e impreparata , ho una gran sete di fare tutto. Comincio a ficcare il naso dovunque, a guidare la macchina che mio Padre mi presta malvolentieri, frequento gli studenti stranieri, mi affascina conoscere gente nuova, non ho più voglia di studiare, dò pochissimi esami all’Università, dove fra l’altro salgo con sforzo e scendo con paura quello scalone antico, alto, largo, senza ringhiera, in un edificio austero nel centro storico della vecchia Firenze, e chiedo spesso il braccio a qualcuno che sale o scende. Mi sento a disagio per questo e trovo ingiusto che un ambiente pubblico non abbia l’ascensore o il semplice corrimano di appoggio, elemento di sicurezza anche per chi non ha difficoltà sulle gambe come me. A quell’epoca la legge contro le barriere architettoniche non esisteva ed io ne avvertivo già la mancanza . Ripensando a quello scalone sento l’incubo e l’angoscia che mi trasmetteva .
Insegno però con entusiasmo ai bambini del doposcuola in Montespertoli (Firenze) dove abito e loro sono entusiasti di me . Insegno con tenerezza nelle campagne circostanti agli adulti semianalfabeti della scuola serale e li ammiro per la loro umiltà e buona volontà . Al fine di integrare le mie modeste entrate e non pesare finanziariamente sui genitori, dò lezioni private, faccio lavoretti saltuari, distribuisco volantini , m’ingegno a fare ciò che mi propongono . Aspiro a viaggiare, com’era il mio sogno di bimba. Già nella scuola elementare, davanti alla cartina geografica, pensavo: “il mondo è grande ; nel corso della vita riuscirò a vederlo tutto” ?
Imparo a spostarmi in autostop per economizzare denaro, dormo negli ostelli della gioventù perché costano poco, vado finalmente in treno a Parigi per un mese di vacanza d’estate, accompagnata dallo stupore delle amiche con le gambe sane che non si sono mai allontanate da sole oltre i 200 Km e sono proiettate ad accasarsi. Io invece non ho l’obiettivo di sposarmi, nè m’interessa avere figli. Il mio ideale non è quello di essere moglie, madre, casalinga e vivere al paesello. Preferisco immaginare una vita indipendente con tante conoscenze. Sento l’Amore in senso amplio, universale. Coltivo e valorizzo le amicizie. A Papà confido : “mi sposerò dopo i 40 anni” e lui mi ascolta perplesso.
Nella meravigliosa Parigi alloggio alla Cité Universitaire ( città universitaria ) che scopro essere un grande villaggio con tanti edifici, mensa, servizi e studenti internazionali . Mi si schiude un altro universo, recepisco come fossi Alice nel Paese delle Meraviglie, ma devo economizzare perché non posso permettermi tutto ciò che mi attirerebbe, per esempio, uno spettacolo al Moulin Rouge, visione proibita dalle mie finanze! Faccio pure una brutta esperienza poichè sono inesperta, sempliciotta, ingenua e la grande metropoli è piena anche di avventurieri di ogni continente : m’imbatto in un gabbamondo del Mali che mi sottrae gran parte dei miei soldi, risparmiati con tanta parsimonia . Mi ritrovo in grosse difficoltà economiche per sopravvivere . Fortuna che avevo comprato il biglietto di andata e ritorno! Comunque, la sensazione di essere babbea e minchiona mi fa da scorta durante il tragitto verso l’Italia e per qualche settimana dopo, a casa. Concludo di essere stupida, altrimenti non mi farei agguantare dalle insidie del mondo . Non dimenticherò mai l’imbarazzo di aver dovuto chiedere piccoli prestiti per i pasti a Parigi a due disponibili studentesse sarde che avevo conosciuto alla città universitaria, né il disagio di non disporre di pochi centesimi per entrare in una toilette pubblica un pomeriggio in cui mi trovavo fuori .
Il viaggio
Mestieri
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