Mestieri
tecnico radiofonicoLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1938Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Il tecnico radiofonico Ilvo Piccone arriva in Libia nel 1938: vicino alla stazione trasmittente in cui è impiegato si coltiva la terra, e Piccone descrive le condizioni in cui si trovano ad operare i coloni italiani.
Vicino al trasmettitore, che era al limitare dell’oasi, verso il mare, c’era una stazioncina ferroviaria con binario a scartamento ridotto; il capostazione era un ragazzo di appena qualche anno più di me, Attilio appena sposato e aveva una bella bambina; la moglie era gentile e spesso mi invitavano a pranzo. Accanto alla stazione, lungo i binari una lunga fila di eucaliptus che venne in un secondo tempo occupata da una grossa sussistenza militare. La pulizia della biancheria personale, di camera e di cucina era un grosso problema. Un piccolo Alì, un ragazzino d’una decina d’anni, veniva a ritirarla e me la riportava quasi come l’aveva presa. Le concessioni non molto distanti dal trasmettitore erano appezzamenti di deserto date in proprietà a quei contadini liguri che avevano dovuto accettare di trasferirsi in Africa. Diventavano padroni della sabbia loro asseganta, ma bisognava colonizzarla! Dovevano prima scavare pozzi artesiani, poi seminare le piante frangivento, dei tamerici che formavano dei rettangoli di 20 metri per 10, dove poi piantavano tutti i tipi d’ortaggi che crescevano rigogliosi senza che una sola pianta di gramigna li disturbasse; altri rettangoli erano ricoperti d’erba medica verde smeraldo, e le bestie non avevano problemi di foraggio; altri rettangoli erano di uno stupendo color oro e anche il grano, la segale e l’orzo davano due raccolti l’anno. La vite veniva coltivata bassa, in lunghissimi filari non protetti dal vento e i grossi grappoli dorati che si adagiavano sulla sabbia del deserto, erano dolcissimi. Il coltivatore doveva solamente seguire la potatura nel tempo stabilito e più tardi raccoglierne i frutti. La vite non aveva bisogno di altro, non era attaccata da nessuna malattia neanche la filossera, la nemica acerrima dei nostri vitigni non esisteva.
Il viaggio
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