Mestieri
ricercatore, addetto all'ambasciataLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
1983Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
paesaggioTemi
paesaggioHohhot, Agosto 2, 1986
E’ bello prendere il treno che da Datong, località nota per le grandi grotte scavate nella roccia e decorate con innumerevoli statue del Budda, porta a Hohhot capitale della Mongolia Interna. Il treno è molto affollato e tutti i posti sono occupati, ma i viaggiatori cinesi cortesemente si stringono per far posto ai forestieri. Il treno si inoltra in un paesaggio montuoso che, a mano a mano che si procede si allarga su paesaggi sempre più vasti. Le culture tendono a fa posto ai pascoli. Qualche cavallo punteggia, apparentemente immobile, l’orizzonte. Intanto i compagni di viaggio chiacchierano, due parole in inglese, due in cinese, si stabilisce un po’ di conversazione. I bambini guardano sbigottiti questi stranieri: i “waiguoren”. Gli adulti sono più abituati, il loro atteggiamento è cordiale e cortese e cercano di spiegare ai bambini che anche noi siamo esseri umani.
Dopo una notte a Hohhot, città che si sta rinnovando a vista d’occhio, proseguiamo verso le praterie della Mongolia. attraversando un paesaggio disabitato, affascinante, fatto a perdita d’occhio di prati ondulati, senza un albero, senza un riferimento, spazzato da un vento teso che aumenta la suggestione un po’ arcana del posto. Dalla Mongolia ci siamo poi diretti nel Gansu meridionale, a Lanzhou, attraverso un paesaggio in parte desertico, in parte coltivato con grande tenacia e in condizioni difficili per contrastare l’avanzata del deserto che verso Lanzhou si trasforma e diventa collinoso. Si tratta di colline a foggia di pan di zucchero, che sembrano concepite da un bambino. Dai loro fianchi occhieggiano innumerevoli grotte, che aggiungono un elemento fantastico al paesaggio. Dopo Lanzhou ci rechiamo a Xia He, “Fiume d’estate” a 300 Km a Sud Ovest, dove si trova uno dei più grandi monasteri Lamaisti, che in Tibetano si chiama Labran e in Cinese Labolanse. Xia He si trova a 3000 metri di altitudine e per arrivarci si attraversano dei villaggi molto pittoreschi dove la popolazione è prevalentemente mussulmana.
Gli uomini portano tutti uno zucchetto bianco in testa, mentre le donne indossano una versione locale del chador. Il Monastero è un complesso di innumerevoli edifici in stile tibetano. Pareti bianche, con due tre file di finestre. Gli interni presentano un ambiente unico, spartito da pilastri di legno dipinti di rosso, in tre o cinque navate. Sul fondo le statue dei Budda, sulle pareti dei dipinti o affreschi. Numerose lampade, alimentate con burro di yak. illuminano a malapena l’interno che appare sovraccarico di colori e oggetti di culto e impregnano l’atmosfera di un odore particolare. I monaci sono presenti ovunque, mentre i fedeli, molti dei quali pellegrini venuti da lontano, si affacciano silenziosamente si prostrano per terra, si alzano, fanno girare i cilindri di rame delle preghiere, e proseguono come se seguissero un itinerario.
Il paese brulica di pellegrini Tibetani, coi caratteristici cappottoni lunghi fino ai piedi e di cui la manica destra non viene indossata, ma lasciata pendere a mo’ di mantello sulla spalla. Anche le donne indossano lo stesso tipo di abbigliamento, con grande dovizia di gioielli variopinti. Vi è un punto del paese dal quale la vista può spaziare su tutto l’insieme degli edifici e allargando lo sguardo sulla valle circostante, incorniciata da boschi e solcata dal fiume Xia. Qua e la sui fianchi dei monti si vedono gruppi di case, grigie, disadorne, geometriche che sembrano sottolineare il contrasto con gli edifici del Monastero, ricchi, fastosi.
Il viaggio
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