Mestieri
manovaleLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media inferiorePaesi di emigrazione
VenezuelaData di partenza
1952Data di ritorno
1958Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Finalmente è giunto il giorno della partenza da Amantea. Vincenzo, che ha ventidue anni, lascia il padre e la madre per recarsi in Venezuela.
Durante il tragitto da casa alla stazione ferroviaria, che distava poche centinaia di metri, Enzo allungava la vista da una parte e dall’altra. Vedeva i luoghi onde aveva trascorso la sua spensierata fanciullezza, un tempo colorati, adesso sembravano sbiaditi, abbandonati all’usura del tempo. alla sua età fuggire da quella vita senza futuro, gli sembrava un controsenso, in quanto la decisione di espatriare non era affatto legata ai suoi sentimenti, ma divenne inevitabile.
“Partire è un po’ morire”. Questo antico detto della saggezza popolare si addiceva perfettamente al mio stato d’animo in quella fredda mattina del 2 marzo 1952.
Mi trovavo sul marciapiede della stazione ferroviaria di Amantea in attesa del direttissimo delle 10.30 che avrebbe transitato per Napoli. Emigravo. Me ne andavo in Venezuela in cerca di fortuna. Partivo un po’ allo sbaraglio, senza una sicurezza vera e propria, portando con me una valigetta legata con lo spago e 5000 lire che mi aveva regalato mio padre, ma la mia giovane età ricca di illusioni, mi avrebbe aiutato ad affrontare questo viaggio con speranza ed entusiasmo. Erano ormai le 10.30 e la campanella della stazione annunciava già l’arrivo del treno quando d’un tratto mio padre mi si accostò e, rompendo il silenzio in cui tutti in famiglia ci eravamo chiusi in quei giorni, mi disse: statti attiendu figliu!; avrebbe voluto dirmi mille cose ma gli uscirono solo quelle tre parole di bocca, mentre due grosse lacrime solcarono il suo volto.
“Povero tata mio” pensai “chissà che dolore provi in questo momento”. Cercai di risollevarlo abbozzando un sorriso. Non so come trovai la forza di staccarmi da lui! Pensai a mia madre che non era venuta alla stazione per non assistere alla mia partenza e conservare così l’illusione di vedermi tornare a casa come ogni sera.
Salii sul treno. Il fischio del capostazione mi raggelò il sangue. Guardai ancora mio padre attraverso il finestrino: era là, immobile sul marciapiede. Mi sembrò all’improvviso più vecchio, più stanco, col volto segnato da rughe più profonde. Ancora uno sventolio di fazzoletti, quindi il treno cominciò a muoversi lentamente lungo le rotaie.
Il viaggio
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manovaleLivello di scolarizzazione
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1952Data di ritorno
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