Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
10.1936Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gian Paolo, madre, sorellina e fratellino si sono appena imbarcati sulla nave che li condurrà in Cina, a ricongiungersi con il papà.
La mattina della partenza alcuni parenti ci accompagnarono a Genova, alla stazione marittima dalla quale alcuni mesi prima era partito mio Padre. Bauli, casse e valigie erano già stati ritirati da casa alcuni giorni prima e a quell’ora erano già imbarcati; a noi erano rimaste solo un paio di piccole valigie. Di tutto si era occupato un incaricato della Società, che ora ci attendeva alla stazione per le ultime procedure da compiere prima dell’imbarco. Il grande edificio ci accolse con la solita confusione di quei luoghi: comunicazioni ed annunci dati dagli altoparlanti, che si confondevano con il brusio delle voci della folla e il rumoroso andirivieni del personale; facchini, marinai, personale di bordo davano ragione a quella confusione che già conoscevo perché vissuta quando avevamo accompagnato mio Padre, non molto tempo prima. […] vedemmo la gente sul molo e sulle balconate della stazione diventare sempre più piccola e irriconoscibile, fino a quando, usciti in mare aperto, anche i rimorchiatori si staccarono e, raccolte le loro cime di traino, ci abbandonarono al nostro lunghissimo viaggio.
In cabina trovammo le nostre valigie e un baule. Una cameriera ci aveva accompagnato attraverso un dedalo di corridoi e scale, ovattati da moquettes di un bel rosso cupo, che smorzavano le vibrazioni di cui la nave era ormai invasa. La cabina era sufficientemente grande per ospitare noi quattro; aveva le pareti rivestite in legno, era accogliente, ben arredata, provvista di tutto il necessario per rendere la nostra permanenza a bordo gradevole. Aiutata dalla stessa cameriera mia Madre disfò valigie e baule, riponendo nell’armadio, ordinando e sistemando ogni cosa, organizzando la nostra vita nel migliore dei modi. Intanto s’era fatta sera; la nave beccheggiava sul mare un po’ mosso; un freddo vento soffiava da quello che, seppi poi, era l’ovest, e qualche spruzzo arrivava a bagnare il pavimento della passeggiata coperta, da quel lato. Nel salone ristorante, sfavillante di luci per i molti lampadari accesi ,di cui le numerose, grandi specchiere alle pareti ne rimandavano lo scintillio, ci venne assegnato il tavolo al quale ci saremmo seduti per tutti i giorni di quel viaggio, assistiti e serviti dal personale in guanti bianchi addetto al nostro tavolo. Ero frastornato, non sapevo cosa pensare, né cosa dire; quella sequenza di eventi e di emozioni mi aveva stordito; anche mia sorella ne aveva subito le conseguenze ed ora sedeva, silenziosa e stanca, vicino a mia Madre; l’unico a non dare segni di stanchezza sembrava essere mio Fratello, affidato per la cena alle cure di una assistente. Eravamo tutti molto stanchi; ci ritirammo in cabina subito dopo la cena per abbandonarci, tutti e quattro, ad un profondo sonno ristoratore, cullati dal rollio della nave.
Il viaggio
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