Mestieri
bracciante, operaioLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
FranciaData di partenza
1883Data di ritorno
1885Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Giambattista Cane, ormai ventenne, è tornato a Pietrabruna, il paesino ligure in cui è nato e cresciuto. Vi ha trovato l’amore di una bella ragazza, che è riuscito a sposare nonostante le iniziali resistenze da parte del suocero. Ma le prospettive di lavoro non sono mutate, e non gli resta che partire per la terza volta, sempre in direzione della Francia. Il caso vuole che torni al primo posto di lavoro, quello dove si era impiegato all’età di quindici anni, a Berre.
Nell’attesa, pensai di fermarmi a Berre, dove avevo lavorato a 15 anni e dove ero stato ammalato di febbre terzana. Chiesi un biglietto per questa stazione, ed eccomi dopo poco a Berre. […]
Giunto là, quale non fu la mia sorpresa di trovarvi a lavorare il cugino Donato! Ed il cugino, oltre accogliermi volentieri e con gioia, si recò dal Direttore a raccomandare la mia opera, e alla mattina seguente, eccomi al lavoro. Fu a Berre, ed all’età di 23 anni, che cominciai a guadagnare, per la prima volta, Lire Tre al giorno. Ed a Berre divenni il compagno di pensione, di camera e di letto del cugino Donato. Assunto al lavoro nello stabilimento della Punta (Pointe) dopo alcuni mesi di lavoro nel cortile, venni collocato ai forni delle calcine. Il lavoro ai forni delle calcine cominciava alle ore dodici per terminare a mezzanotte, e viceversa. I forni non si spegnevano mai, se non per rotture o per mancanza di ordinazioni. Ogni domenica si lavorava 24 ore, e se ne avevano 24 di riposo. La paga giornaliera era di L. 3.50. […]
Che bei tempi a Berre! Quanta poesia e quanta felicità! Il mio animo era così lieto e contento che dalla gioia che avevo in cuore cantavo continuamente.
Mai come a Berre, lontano dalla giovane sposa che adoravo, vissi nella poesia del verbo amare. Poiché, oltre sentirmi la cara adorata nel fondo del cuore e vicina a me nella gioia delle canzoni che cantavo, la vedevo nei miei sogni, ed avevo il caro nome sempre sul labbro.
Quando si è lontani dai parenti, dalla patria, dal paese natio, tanto più si desidera averne notizie. E quindi in tali pensieri, con il cugino Donato ed un altro operaio chiamato Luigi di Stroppo, in quel di Cuneo, ci abbonammo al giornale “Il Secolo di Milano” forse l’unico giornale e l’unica copia che giungesse in quello stabilimento. Il giornale era indirizzato a me, ed arrivava in fabbrica tutti i giorni verso le undici.
Il primo a leggerlo era il sottoscritto, poi il cugino Donato, ed infine Luigi. La spesa era di dieci centesimi giornalieri, e per un solo operaio sarebbe stata troppo forte, tanto più che bisognava pagare un trimestre anticipato.
E con la lettura quotidiana del “Secolo di Milano” della grande commerciale ed industriale città, potemmo avere tutte le notizie di cronaca e politiche della nostra amata patria.
Il viaggio
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