Pesce a volontà

I primi a prendere contatto con i nativi di Dhahran furono naturalmente gli autisti degli svariati automezzi adibiti al trasporto dei materiali e viveri che man mano giungevano.

Era inevitabile contrattare, magari a segni, l’acquisto delle non tanto fantasiose merci del luogo: qualche taghia, un copricapo in diversi colori, tessuti in velluto, seta o semplice cotone, ma tutti ricamati, qualche vecchio pugnale arabescato ed altri semplici oggetti.

Ma una cosa era la più apprezzata, sia per la varietà che per il costo: parlo del pesce che in quel mare tanto abbondava. Grosse cernie, saraghi e branzini, seppie e polipi, aguglie e tracine e chi più ne ha più ne metta: e poi le grandi coffe (ceste) di gamberoni, che erano i più appetibili anche perché costavano poche rupie, un’inezia. I nostri ne facevano incetta, anche per variare il cibo della mensa, e così quasi ogni sera vi era una riunione al capannone del Motor Pool con tutto il personale “meccanico” per la consueta sbafatona di così pregiato pesce che, arrostito, mandava un profumo delizioso e stuzzicante.