Mestieri
macellaioLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
KenyaData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Come per la gran parte delle truppe italiane in Africa orientale, la Seconda guerra mondiale per Farris finisce nella primavera del 1941, quando viene fatto prigioniero dagli inglesi. Inizia per lui un lungo periodo di prigionia in Kenya.
Il nemico a chiuso tutte le strade accerchiando l’Abalagi, praticamente tutte quelle forze riunitesi su quel fronte non avendo rifornimenti sono state fatti prigionieri assieme al Duca D’Aosta con gli onori delle armi. Ritornando al nostro destino il comandante ordina di ritornare indietro a Combolcià siamo arrivati al mattino presto io mi sono allungato sul cuscino della macchina per dormire dopo aver guidato tutta la notte sono crollato non so quanto avrò dormito, viene un sergente mi sveglia e mi dice si parte, chiedo dove si va, risponde non lo so vieni il capitano lo dirà, al raduno senza metersi in riga abiamo fatto un cerchio il capitano dell’aviazione in mezo, altri tre ufficiali dell’esercito stavano seduti su i gradini di una baracca di legno. Incomincia il capitano si doveva andare in un posto molto scabroso (in Dancalia Bassa) più di quaranta all’ombra tutte piste polverose ci da una bella notizia, si doveva arrivare in una grande pianura per fare un campo di fortuna per atterrare apparecchi che venivano dall’Italia i Savoia Marchetti 82 ogni apparecchio portava (un C.R. 42 caccia) con noi c’erano tre civili specializzati per montare i “CACCIA” detto questo il capitano vede quanti eravamo, cinque macchine una biga d’acqua 500 litri delle cinque macchine 2 con quaranta fusti di benzina una per l’ufficiali e 2 per noi tre civili e dieci avieri, visto la brigata quella che era ci a detto, fatevi da mangiare, riposatevi all’imbrunire si parte sapete bene che si deve caminare a fari spenti però siamo fortunati perché la luna ci aiuta. All’imbrunire si parte caminiamo fin quando la luna non e tramontata, ordine di fermarsi tutti quanti come appogiavamo la testa dormivi, fattosi giorno senza saperlo, eravamo vicino ai pozzi d’acqua chi aveva i recipienti da riempire più i radiatori delle macchine, di nuovo partenza, caminiamo tutta la mattinata verso l’una arriviamo a questa grande pianura un caldo terribile come guardavi a cento metri sembrava tutt’acqua miragio questo era il campo di fortuna una desolazione tutto secco senza una foglia verde, in compenso avevi la compagnia di scorpioni, per chi dormiva sotto le 4 tende, noi autisti dormivamo in gabbina della macchina. Già detto l’arrivo, montare le tende mettere in vista la manica a vento, sistemare per la radio telegrafista per fare da mangiare una buca per terra con sopra dei sassi, bisognava trovare la legna, in quella gran pianura non c’enera, siccome io avevo a rimorchio della macchina la biga dell’acqua il comandante mi a detto pensaci te, andare con la macchina in cerca di legna con un altro aviere, distribuire l’acqua. Per trovare qualche cosa da bruciare tra andare ritorno una sessantina di km si è trovato dei cespugli secolari con rami secchi freschi ne abiamo fatto mezzo cassone della macchina, per cucinare era risolto. In questa grande pianura atterrava l’aereo, si doveva segnare la pista d’atterragio e l’abiamo fata noi autisti con le macchine su e giù per circa un chilometro, fatta la pista aspettavamo questo benedetto aereo scaricava il caccia e ritornava in patria correva voce che portava pure a noi in Italia, siamo stati una settimana ma l’aereo non e arrivato.
In quel posto era un’inferno non si poteva resistere dal caldo che faceva il comandante ordina la partenza destinazione Assab città aperta voleva dire che l’inglesi non bombadavano abiamo caminato 2 giorni e una notte finalmente siamo arrivati al mare non c’era più posto per scappare ci siamo guardati in faccia, qui aspettiamo l’inglesi, e così è stato una ventina di giorni dopo verso li cinque di mattina ecco l’inglesi anno circondato dove stavamo con una cinquantina di neri fucile spianato tutti in riga. Un sergente con una diecina di ascari sono andati alle baracche dove dormivamo anno preso le armi i moschetti che avevamo in dotazione. Mentre eravamo in fila un’ascaro e venuto vicino a me a visto che avevo una catenina d’oro e la levata strapandola lasciandomi il segno al collo, lo dissi all’uficiale italiano capitano del genio, pensavo essendo l’uficiale di collegamento di farlo presento all’uficiale inglese la risposta che mi a dato stai a pensare alla catenina pensa che siamo prigionieri e finì così. Ci anno caricato sulle machine e portati a Assab li avevano fatto un campo di smistamento, siamo stati li due giorni doveva arrivare la nave nel fratempo l’uficiali italini venivano da noi e cercavano l’atendente ci dicevano che saremo trattati come l’oro qualcuno aboccò. Quando venne da me era il capitano quello del genio mi chiese se volevo fare l’atendente, la resposta è stata (io lo sciaquapalle non lo fatto mai, figuriamoci se lo faccio a voi seguo i miei compagni e alla sorte che c’iaspetta). Arrivata l’ora della partenza a piedi fino al porto, imbarcati in una carretta greca, nella stiva sotto eravamo una trentina anno chiuso sportelloni si moriva di caldo, noi ci lamentavo, strillavamo dateci un d’aria qui si muore dopo non so quanto tempo e passato la carretta parte, finalmente riaprono l’isportelloni si respirava meglio, da mangiare non esisteva, c’erano parecchi che sofrivano mal di mare mi facevano tanta pena perché nel’ostomaco non esisteva gniente. Abiamo viagiato un giorno e una notte siamo arrivati a ADEN il primo porto inglese sul’oceano indiano una fortezza, siamo scesi caricati sulle macchine e portati a unaltro campo di smistamento finalmente c’ianno dato da mangiare qualcosa, dopo quattro giorni partenza di nuovo alla volta di Mombasa nel Kenia, da Assab a Mombasa si è navigato sei giorni, un viagio organizzato perché si mangiava qualcosa, spiego il motivo, siccome erano tanti, ogni dieci persone una “camella” era il recipiente per andare a prendere il mangiare, il rancio era maiale lesso con brodaglia e due gallette italiane la carne era pezzi di grasso di maiale, la razione era guasi sempre abondante perché erano parecchi che sofrivano il mal di mare e non mangiavano a me andava bene perché non sofrivo mangiavo pure la loro razione, però ero sempre di “camella” dovevo andare a prendere il rancio in cucina e poi lavare l’atrezzo e riportarlo in cucina. Finalmente Mombasa tutti in coperta a vedere, un paradiso piante di cocco verde erano anni che non vedevo una località così verde. Sbarcati alla volta di un altro campo di smistamento molto accogliente con baracche di 25 persone qui era un po’ meglio mangiare sempre poco. Siamo stati a Mombasa una mesata nel fratempo sono arrivati altri prigionieri provenienti da tutto l’Impero Italiano che se lo sono giocato. Detto questo era arrivata l’ora d’andare al campo di concentramento, una mattina dopo l’adunata giornaliera di tutti i giorni ordine di andare i baracca preparare i bagagli (i quattro stacci che avevamo) si doveva partire per il campo definitivo senza sapere la località. Tutti in fila per darci la razione che era quattro gallette italiane e due scatolette di carne sempre italiane Bottino di Guerra. Si parte per la stazione saremo stati un centinaio scortati dai neri “CUCUTA” armati e baionette in canna siamo arrivati al treno stava già sul posto i vagoni aperti, ogni con un nero di guardia due uficiali inglesi e tre sergenti questi contavano dieci di noi ci accompagnavano al vagone per salire finita tutta l’operazione i due sergenti sono saliti sul treno con po’ di neri armati per accompagniarci alla consegna del comandante del campo località “Naivasc”. Parte questo treno saranno state le nove, subito mi messo a mangiare ho consumato due gallette e una scatoletta ne sono rimaste altre due e una, verso mezzogiorno mi son finito pure quella pensavo che la sera ci davano un’altra razione invece erano per tutto il viaggio durato fino al giorno dopo all’imbrunire. Arrivati al campo questa volta in fila per uno, controllo ai bagagli quello che avevi. Io avevo una seria di lime piccole una bussola un’orologio d’apparecchio mi ero tenuto sempre nascosto, quando o visto levavano qualcosa ho nascosto l’orologio e la bussola in tasca non ho fatto in tempo a nascondere le limette seguestrate con un sorriso, finito. Assegnato al campo C.bis baracca N. 380 quando ci portavano al campo sul vialone tra i campi A.B.C.D. i prigionieri che già stavano li guardavo tra un reticolato e l’altro se vedevano dei compagni, conoscenti, a me mi a visto compagni di Reparto Autogruppo di III Zona, Suppo, Casaccia, Scala e tanti altri che mi conoscevano perché a Mogadiscio partecipavo alla squadra sportiva Box stavano guasi tutti al campo B e anno fatto tanto per farmi trasferire al campo B e siamo stati guasi un’anno insieme in baracche diverse io stavo alla baracca degli sportivi N. 69 tanti amici mi dicevano di allenarmi per fare qualche combattimento, la fame e tanta non era possibile fare lo sport i pugni con la fame non vanno d’accordo, non ho ritenuto a farlo perché pensavo le condizioni che si viveva non era il caso di prenderci a pugni in quella disgrazia capitata negli anni migliori della nostra vita, già era tanto che la raccontavamo vent’anni i più brutti della mia gioventù. Parlo della vita che si trascorreva al campo, la mattina 1° adunata ogni baracca, il caporale inglese contava, il capo baracca diceva il numero se qualcuno manca doveva avere la giustificazione, fra di noi c’era sempre qualcuno che fuori della riga o si muoveva mentre contava per tutti scattava la punizione che sarebe sette giorni senza sigarette la razione era 20 alla settimana ogni mese scattava una, minimo una, a volte anche due
Il viaggio
Mestieri
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