Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
10.1936Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dopo circa un mese e mezzo di navigazione la nave dei Bettoni entra nel porto di Shangai.
Arrivammo a Shangai di mattino. Mio Padre: lo vidi subito, laggiù, sul molo, tra la folla in attesa di salire a bordo. Lo vidi venire verso di noi; alto, la figura snella chiusa nel cappotto grigio; il cappello, pure grigio, tenuto in una mano e, nell’altra, una busta di pelle, immagino che contenesse i documenti di sbarco nostri e delle nostre cose. Vidi il suo viso magro, la fronte alta, un po’ stempiata, sormontata dai capelli neri ondulati, vidi gli occhiali cerchiati di scuro e la bocca atteggiata al suo solito, dolce sorriso, ombreggiata dai baffi scuri…. Ci venne incontro nel salone di bordo, dove il commissario ed un funzionario cinese di polizia consegnavano i passaporti, dopo il controllo di rito. Fu un lungo abbraccio, il nostro, prima con la Mamma, mentre noi ragazzi guardavamo emozionati e commossi, poi fu la nostra volta: “siete stati bravi? Non avete fatto arrabbiare la Mamma? E tu”, disse guardandomi, “ti sei comportato come ti avevo raccomandato?”. Queste parole mi risuonano ancora oggi nelle orecchie. […]
A Shangai ci fermammo il tempo necessario per consentire a mio Padre di completare le pratiche necessarie a sdoganare i nostri numerosi bauli e casse e farli trasferire dal porto marittimo a quello fluviale; là ci saremmo imbarcati, con tutte le nostre cose, su un piccolo piroscafo, il “Wu-Hu”, con il quale avremmo risalito il grande fiume: lo Yang tze-Kiang, o Fiume Azzurro, per alcuni giorni, fino alla città di Kiu Kiang- da lì, in treno, con un viaggio di qualche ora, avremmo finalmente raggiunto la città di Nanchang, ultima, definitiva meta e nostra residenza per il futuro. Furono giorni di navigazione tranquilla; il Wu –Hu procedeva lentamente, contro corrente, fermandosi ad ogni piccolo villaggio di quella costa frastagliata e popolosa. L’acqua gialla, che sconfessava clamorosamente l’appellativo di “azzurro” dato al fiume, scorreva lungo le fiancate del nostro battello con un lieve e dolce sciacquio, continuamente alimentato dalle piccole onde che la prua creava al suo passaggio e che, scorrendo lungo i fianchi, si andavano via via allargando, allontanandosi, come se una bionda ninfa delle acque avesse sciolte le chiome abbandonandole alla corrente del fiume. […]
Nel frattempo uno strano paesaggio scorreva davanti ai nostri occhi: curiose colline, dalla forma a pan di zucchero, si susseguivano lungo le due rive, coperte da una folta vegetazione e divise fra loro da strette valli profonde, percorse da corsi d’acqua che finivano nel grande fiume, alimentandone la portata. […] Soprattutto al mattino, una nebbia leggera ristagnava sul fiume, avvolgendo ogni cosa in un’atmosfera e una luce irreali, dalle quali emergevano qua e là delle macchie più scure dei villaggi e, al di sopra di queste, più lontane, le cime sfumate delle colline. Giungevano allora fino a noi, ovattate, le grida dei barcaioli e i rumori, attutiti dalla distanza, provenienti dai villaggi lontani, rumori che il battere delle pale sull’acqua, del nostro battello, non riusciva completamente a coprire.
Il viaggio
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