Mestieri
macellaioLivello di scolarizzazione
frequenza elementarePaesi di emigrazione
KenyaData di partenza
1939Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dal febbraio 1941 ha inizio la rovinosa ritirata delle truppe italiane dall’Africa orientale. Farris è coinvolto nella rotta, attraversa la Somalia e l’Etiopia cercando rifugio in Eritrea. Nella sua memoria ripercorre le fasi salienti di quei giorni terribili.
Seguendo delle piste arriviamo al fiume Uasc con due macchine l’acqua era bassa avevamo paura di qualche buca, si doveva scendere uno in acqua e guidare dove si poteva passare, era molto pericoloso scendere in acqua perché c’erano parecchi coccodrilli. Si decide d’andare uno in acqua il più alto, legato con una corda un bastone un po’ lungo e dentro l’acqua ci faceva segno dove passare altri due sparavano dentro l’acqua a una debita distanza per spaventare i coccodrilli, tutto ciò si era deciso prima di scendere nel fiume, le macchine che avevamo andavano a benzina avevano lo (spinterogeno) se si bagnava rimanevi dentro al fiume, si è pensato di fasciare lo spinterogeno con uno straccio e sopra coperto di grasso giallo, fatto ciò ci siamo aventurati, come già detto questo legato entra in acqua e noi con la macchina in prima, piano piano abbiamo traversato questo fiume “UASC” Tutta questa operazione è durata dalla mattina presto fino all’una, mettiamo le macchine sotto l’alberi mimetizandole con delle frasche per non farle vedere dall’alto se passava qualche apparecchio nemico così evitavamo di mitraliarci . Sistemato quanto detto prepariamo per mangiare, accendiamo il “primus” una macchinetta con il serbatoio rotondo con la pompa per darli pressione. Mettiamo l’acqua a bollire per cucinare la pasta, l’accondimento qualche scatoletta ripassata nel tegamino scolata la pasta si mischiava tutto quello era primo e secondo. Eravamo tanto stanchi decidemo di partire all’imbrunire caminare la notte con il fresco, ci siamo messi a dormire, non essendo tranquilli uno alla volta si faceva la guardia, venuta l’ora di partenza mettiamo in moto le due macchine ch’erano rimaste la cui una non ha voluto sapere di partire alontaniamo la mia macchina levamo l’effetti personali per poi bruciarla, quelle erano le consegne per non lasciarle eficenti al nemico, così ci siamo incaminata per tutta la notte all’alba sostiamo anche per orizzontarsi, in lontananza vediamo un polverone, dandoci coraggio andiamo verso quella direzione a un certo punto ci siamo guardati in faccia abbiamo detto se sono inglesi? Tutti d’accordo (PAZIENZA) continuamo, le distanze erano lunghe, tanta paura per la macchina che si poteva guastare qualche aereo ci poteva mitragliare caminando di giorno eravamo visibili con tutto ciò la fortuna ci ha aiutato, siamo arrivati sulla strada principale che portava da Assab a Adis Abeba cosa da noi ignorata di che parte stavano queste località dopo due ore fermi l’abiamo saputo da un civile che andava a Assab perché era città aperta (città aperta voleva dire, la gente che si trovava lì erano tutti donne e civili perciò l’inglesi non la bombardavano perché non ci stavano dei militari) detto ciò l’autista a indicato alla parte oposta era Adis Abeba dicendoci di non avere paura dell’incursioni aere perché stavamo vicino alla “città aperta”. Continuamo fino ad arrivare a una località chiamata Combolcià situata in mezzo alle montagne a circa trenta chilometri da Dessée a Combolcià c’era l’aeroporto che si erano radunati tutti gli apparecchi perché l’inglesi aveva occupato guasi tutta l’Africa Italiana era rimasto solo Adis Abeba e l’Ambalagi e tutte le truppe si dovevano radunare all’Abalagi ch’erano all’ordine del Duca D’Aosta viceré d’Etiopia.
Come già detto siamo arrivati a Combolcià stavano formandi il battaglione azurro per costituire un fronte per fermare l’avanzata inglese ai compagni che fino a lì abiamo viagiato insieme, si siamo spartiti il sonno sono stati destinati al fronte, io sono rimasto all’aeroporto a fare servizio di spola portavo i pilota l’ecuipagio al paese sotto la montagna riparato dai bombardamenti tutti i giorni venivano a mitragliare l’apparecchi che stavano in linea di volo più di uno veniva messo fuori uso in termine di quindici giorni sono stati rasi al suolo, la flotta aerea dell’impero FINITA. Si sono rimediate non so come una diecina di macchine, la partenza per l’Ambalagi, dov’era il Vicerè arrivamo a Dessiè l’inglesi avevano tagliato la strada bisognava andare indietro, destinazione (Dascalia Bassa) per alestire un’aeroporto di fortuna doveva atterrare il famoso (Savoia Marchetti 81) che portava un’apparecchio da caccia (il C.R. 42 motore stellare) con regolari operai specializati per montarli, arriva il primo e l’ultimo apparecchio con l’operai, l’atterragio dificoltoso l’ecuibagio non vedeva l’ora di partire e dovuto stare più di dieci giorni, avevamo la speranza di ritornare in Italia eravamo chiusi da tutte le parti dovevamo buttarsi in bracia all’inglesi, durante i giorni che stavamo li io non so da dove venivano e come l’avevano saputo, tanti ufficiali dell’esercito della marina dell’aviazione delle camicie Nere che venivano questi apparecchi e riandavo in patria scarichi loro pensavano di non farlo viagiare a vuoto, sono rimasti male, tutti a terra, per decollare l’apparecchio con tre macchine abbiamo dovuto fare su e giù circa un chilometro per due giorni in modo di assodare il terreno per facilitare il decollo, finalmente abiamo visto la contentezza dell’ecuipagio salutarono tutti militarmente con stretta di mano noi autisti eravamo vicino la macchina il capitano pilota e il tenente il motorista e l’armiere sono venuti verso di noi ci hanno abbracciato ringraziandoci per il lavoro fatto, considerato da loro un grande sacrificio augurandoci tanta buona fortuna. Motori in moto per circa dieci minuti grande rullio al massimo, finalmente vediamo che si stacca da terra fa un piccolo giro per il saluto finale, a noi tutti è rimasta la speranza del giorno del rimpatrio purtroppo ho dovuto aspettare più di cinque anni. PRIMA DELL’EPISODIO qui sopra ci sta la ritirata da Mogadiscio ch’era ognuno per se Dio per tutti, militarmente la chiamano ritirata, per noi era scappare, io rientrai da una autocolonna che feci per Diredana, all’acampamento nostro fuori città era tutto devastato perché sono scappati tutti, i neri avevano saccheggiato il magazzino l’avieri autisti l’asciavamo gli effetti personali siamo andati a vedere trovamo le cassette aperte senza vestiario hanno lasciato delle fotografie tuttora si possono vedere. Detto questo s’incomincia la famosa ritirata “FUGA” feci la strada da dove ero rientrato circa mille km ricordo tutti i villagi con distanze enormi uno dall’altro e dove potevo fare rifornimento d’acqua ch’era la più importante per la macchina e per me prima località da Mogadiscio a Duca delli Abruzzi ci stava un zuccherificio sono andato per un po’ di zucchero mi diedero guasi mezzo sacco, i neri guardavano in cagnesco, prosegui per il villagio Hualluen a circa duecento km, arrivai all’imbrunire perché la macchina più di quaranta l’ora non faceva mai si arrivava a quella velocità cercavo sempre di non sfotterla perché è stata lei la mia salvezza, rimediai qualcosa da mangiare, appogiai la testa sullo sterzo stavo sul dormi veglia, non’ero tranquillo i neri erano capaci a ucciderti per levarti la camicia.
Il viaggio
Mestieri
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