Mestieri
cantoniere provincialeLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
GermaniaData di partenza
1942Data di ritorno
1943Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dopo 11 mesi di lavoro in Germania, Vincenzo Rabito torna a casa in Sicilia per vedere il figlio neonato.
E così, tutte i ciorne, il mio penziero era quello di antare a vedere ammio figlio, ma perché era mascolo; ma se ’nzamai io avesse saputo che, inveci di mascolo, avesse stato femmena, si avesse antato pure a Chiaramonte, ma ci avesse antato solo per avelenalla, quella criatura, per paura che avesse asomigliato alla nonna. Ma minomale che fu uomo!
E mio fratello Paolo che mi diceva: – Tu sei fortenato, che aveste la fortuna di arredetare a nostro padre…
E sempre Paolo che liceva quella lettera, e poi la lettera diceva magare che pesava 3 chile e qualche cosa. Però, la lettera diceva pure che questo figlio aveva una fame da lupo. E poi magare mia moglie diceva che: «Li solde che aveva mantato il comanto amme, per conto tuo, io ce l’ho messo alla Posta». E io disse: «Me- nomale che fecero come li catanese! Che quanto a sant’Acata la robaro ci hanno fatto li porte di ferro!»
Ma poi penzai che questa mia moglie era la mamma di mio figlio, vediammo come stanno li cose, speriammo che viene il ciornno della licenza e poi a Chiaramonte si ni parlla.
Così, passavo tutto il mese di novembre, e venne dicembre, e ancora la licenza non aveva venuto.
Io cerava, alla sera, nelle vetrine a Duiburco, per vedere se c’erino belle ciocatole, speciarmente che mi piaceva un ciocatelo di un bello cane. E il ciocatilo l’aveva trovato, ma la licenza ancora non aveva venuto…
Ma fenarmente, il 23 dicembre, ni hanno chiamato e, finarmente a esse, ci hanno dato la licenza.
E, doppo 11 mise, io e Paolo siammo revato a Chiaramonte così, all’impesata. Io ho chianato le scale, e vedo a mia moglie seduta con uno bello figlio che si stava corcanto. E donna Anna era che ancora aveva antare a chiudere lo dammuso.
Così io, alla vista di quello figlio, disse: – Finarmente padre di figlie!
Ma Turiddo, mia moglie, lo ammesso nella naca. E il figlio, che era picolo, che ni sapeva? Poi, quella donnaccia di quella delenquente, vedento amme che ancora era vivo, senza che mi avesse detto niente, come una cane arrabiata, si n’antò a dormire nel damuso.
E io non volle neanche manciare, se prima non antava a vedere mia madre. E così, ho partito e ci ho detto a mia moglie che fra un’ura veneva. E così, vado ni mia madre e trovo a mia madre vicino a Paolo, che pianceva mentre vineva io, e mi tocavo di piancere magare amme.
E questo ene l’afetto di mamma! Ma che moglie e moglie! Ma che suocira e suocira! Quelle lo fanno tutte per intento, non con affetto di mamma, che alla vista di mia e Paolo, con tanta contentezza che aveva, pianceva.
E io fece non 20 ciorne di lecenza, ma 20 ciorne di prentere veleno tutte li ciorne.
Il viaggio
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