Mestieri
insegnantiLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Francia, Stati Uniti d'AmericaData di partenza
1938Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Via dalla Francia, via dalla guerra, Carla e Alex entrano con il resto della famiglia in Spagna e puntano a raggiungere al più presto il Portogallo, per lasciare l’Europa mentre infuria la Seconda guerra mondiale.
Entrando in Spagna quel pomeriggio, mi ritrovai a pensare assurdamente al professor Rosi, il mio insegnante di storia negli ultimi tre anni di liceo a Roma. Egli aveva portato una ventata d’aria fresca nei nostri studi, chiedendoci di non imparare più a memoria le date. Le date, come i confini, egli affermava, erano parole usate solo per scopi pratici e non per essere prese sul serio. “Ricordatevi – egli diceva, puntando su di noi un indice macchiato d’inchiostro – che il passaggio dal Medio Evo al Rinascimento è altrettanto difficilmente definibile del passaggio da una nazione a un’altra.” Io avevo voluto molto bene al professor Rosi; eppure quel pomeriggio in Spagna pensai che egli aveva torto marcio, perché appena riprendemmo il viaggio, ogni cosa intorno a noi divenne drammaticamente diversa. I muli, per esempio… non solidi come quelli che avevo conosciuto a Soriano nella mia infanzia; ma piccoli e neri, con piccoli uomini neri in groppa. E i villaggi… che non mostravano gerani alle finestre, pergolati coperti da viti nei loro cortili, ma abitanti disperatamente tristi, che guardavano fisso con indifferenza fuori da casapule prive di colore. E strade completamente rovinate, bambini cenciosi… Tutto indicava un mondo in rovina e la vista occasionale di gendarmi vestiti impeccabilmente all’esterno di un teatro lirico accentuava soltanto l’irrealtà di tutto ciò. Mi venne in mente che il professor Rosi aveva ragione almeno in una cosa. Il nostro esilio non era cominciato quando avevamo attraversato la frontiera tra Italia e Francia, due anni prima; stava cominciando proprio allora! Lo dissi ad alta voce ad Alex: “Solo ora siamo in esilio!” ed egli annuì. Improvvisamente ci sentimmo terribilmente stanchi. Ci fermammo a Gerona per la notte. Il mattino seguente ci trovò di miglior umore. E la vista del mare, che raggiungemmo a mezzogiorno, fece sembrare tutto più familiare. Era un mare meraviglioso, meravigliosamente blu. “Lo stesso in cui nuotavate a Forte dei Marmi!” annunciai gioiosamente alle bambine. Io spinsi anche mia madre ad ammettere che la piccola città di Badalona, che si stendeva lungo una baia, con la stazione ferroviaria proprio sull’acqua, la sua Cattedrale appoggiata su una piccola collina sovrastante la città, assomigliava in modo impressionante ad Ancona, la sua città natale! Quando raggiungemmo Barcellona, i nostri cuori erano un po’ più leggeri. Stabilimmo di fermarci a Barcellona soltanto il tempo necessario per riuscire a spedire la nostra automobile a Badajoz, sul confine portoghese.
Noi stessi avremmo attraversato la Spagna in treno, un mezzo di trasporto di gran lunga preferibile in un paese, del quale non conoscevamo né la lingua né le strade. Era probabile che questi nostri punti deboli attirassero l’attenzione su di noi, e l’attenzione era l’ultima cosa che volevamo nella Spagna di Franco. Un anno prima Franco aveva rilasciato una dichiarazione di “stretta neutralità” nella guerra, ma anche allora tutti sapevano qual era la sua lealtà. Ora che la Germania era vittoriosa, non era inconcepibile che le due nazioni si unissero come alleate in modo ufficiale, impegnate nella stessa politica. La cosa più saggia che noi potessimo fare era uscire da quel paese il più rapidamente possibile e, nel frattempo, non dare nell’occhio! A Barcellona la spedizione dell’automobile risultò essere un affare relativamente semplice. I biglietti per il treno furono, invece, qualcosa di diverso. Non c’erano posti disponibili sul treno per Madrid fino al mercoledì seguente, quattro giorni dopo. Affidandoci alla misericordia divina, cominciammo una vita provvisoria come ospiti di un altro albergo in un’altra città ancora, esplorando con esitazione le sue caratteristi-che non familiari. La sera stessa del nostro arrivo scoprimmo per caso due tratti sconcertanti: le ore dei pasti e l’aspetto dimenticato delle strade completamente illuminate. Erano le 10 prima che ci potessimo sedere per cenare nella sala da pranzo dell’albergo; le 11 prima che Alex e io chiamassimo una carrozzella per un breve giro di ricognizione. La nostra richiesta che il cocchiere ci portasse “donde gusta a usted” non sembrò essere compresa affatto da lui. Tuttavia, dato che gli Italiani sono ben allenati nell’arte di completare le parole con i gesti, io riuscii a esprimere l’idea che ci sarebbe piaciuto che egli ci portasse “dove credessi meglio”. Egli allora si mise a portarci orgogliosamente in una successione di viali ampi, terribilmente affollati, con i marciapiedi disseminati di sedie e di caffè, e splendenti di luci.
Il viaggio
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