Mestieri
imprenditoreLivello di scolarizzazione
diploma di scuola agrariaPaesi di emigrazione
CongoData di partenza
1917Data di ritorno
1974Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Italo Cipolat nasce e cresce in Congo, negli anni in cui l’Europa viene incendiata dalla Prima guerra mondiale. Il padre possiede una fattoria e molti ettari di terreno e di foresta, coltivati e non. Per i figli, per Italo e i suoi fratelli, gli spazi enormi dell’Africa rappresentano libertà e pericoli senza fine.
Un giorno cercando un posto per sistemare le nostre trappole, ci addentrammo in una buca che era servita per estrarre terra per mattoni.
Alte erbe ostruivano l’ingresso della buca, ma noi seguivamo un vecchio piano inclinato che scendeva per circa due metri. Le pareti erano tagliate diritte ed erano ben levigate dalle piogge. Il fondo della buca si presentava bene, libero dalle erbe, condizione ideale per disporre le nostre trappole.
Ettore camminava davanti a me, ad un tratto lo vidi rinculare urlando: “serpenti” per avvisarmi del pericolo. I serpenti erano tre, e, cercando di fuggire si erano spostati tra noi e la rampa d’accesso, ostruendo quella che era anche la nostra via di eventuale fuga. In preda al panico ci mettemmo ad urlare con quanto fiato avevamo in corpo.
Per nostra fortuna, il vecchio Tom, il cuoco di casa, sentì le nostra grida e corse ai nostri richiami. Dall’ alto del fosso cominciò un rapido lancio di pietre sui serpenti.
Il più grosso venne subito immobilizzato da un colpo preciso che lo prese in pieno proprio nel momento in cui stava per ergersi, per metà della sua lunghezza, con l’intenzione di sputare il suo veleno. Erano tre “Cracheurs” di grossa taglia. Questi rettili gonfiano il collo come dei cobra e sputano il loro veleno mirando negli occhi il loro avversario o vittima.
Tom si teneva a prudente distanza e, anche se aveva paura, cercava di attirare l’attenzione dei rettili verso di lui. Noi eravamo paralizzati dallo spavento e non potendo uscire ci eravamo rintanati, uno sull’altro, in un angolo senza muoverci, tenendo sempre lo sguardo rivolto verso i serpenti e Tom.
Altri operai indigeni erano arrivati e con pietre e bastoni davano man forte a Tom. I serpenti si erano spostati su di un lato e cercavano di arrampicarsi lungo le pareti levigate della buca.
Ma in quella posizione furono centrati in pieno da una fitta gragnola di oggetti d’ogni tipo che gli africani lanciavano; tra l’altro v’era un mucchio di vecchie bottiglie che permisero ai neri di fare lanci più accurati, uccidendo così i serpenti. Ce la cavammo con una grande paura; al sicuro, fuori dalla buca, guardavamo i corpi dei serpenti che continuavano a contorcersi come se fossero ancora vivi.
Il viaggio
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