Mestieri
infermieraLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
MaliData di partenza
1987Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Maria Grazia in Mali, nel 1987, partecipa al “Poro”, una festa tipica dei feticisti che si svolge ogni due anni quando si verificano alcune particolari coincidenze del calendario Senoufo. Poi racconta le condizioni molto estreme in cui vive a Sanzana, dove opera come infermiera missionaria.
11-12/9
Grande festa a Sanzana: IL PORO. Siamo invitate alla prima parte della festa ossia il teatro la sera del venerdì, alle nove, c’è scritto sull’invito. E noi, forse ancora un po’ troppo poco africane, alle nove siamo là. Alle undici non c’è ancora niente. Aspettiamo ancora un po’, Paola muore dal sonno, ma non possiamo dividerci perché abbiamo una sola lampada a petrolio e “la piana” che dobbiamo attraversare è talmente vasta che, non essendoci la luna, rischieremmo di perderci.
Sembra incredibile, ma ci è già successo, la notte africana è talmente nera e i nostri occhi sono così poco abituati! Il sabato mattina c’è “la processione” con tutti i rappresentanti dei villaggi e dei vari lavori: si recheranno all’albero sacro a fare i sacrifici e poi in giro per tutto il villaggio per farsi vedere e sentire. L’Abbé Pierre, nostro parroco, ci ha detto che cominceranno alle dieci, o alle undici, o alle dodici. Precisione veramente africana! Difatti all’una non c’è, ancora niente. Sono venuti tutti i padri e le suore della città perché sembra davvero sia una cosa eccezionale. Ed ecco spuntare il sacrificatore seguito da tutti i vecchi nelle tenute più originali con ombrellini parasole, stani copricapo e simboli della ”loro dignità e potenza. Anche le donne, le più vecchie, sono ammesse e seguono lanciando trilli caratteristici e di molto effetto. Arrivati al bosco sacro si dispongono intorno al sacrificatore che è già accovacciato ai piedi dell’albero dei sacrifici con tutti i suoi “consiglieri”. Ogni famiglia invia il pollo – maschio e bianco – che verrà sgozzato e gettato in alto, mentre la te sta rotolerà al suolo, per vedere, secondo la direzione che prenderà, se il futuro sarà buono o cattivo per la famiglia. Intanto arri vano le giovani donne portando il riso che verrà consumato dai sacrificatori con i resti dei “polli sacri”. Finiti i polli viene portato un vitello che viene dissanguato per fare strani segni e “benedizioni” con il suo sangue. E poi ci sono le esibizioni dei cacciatori che nei momenti salienti sparano con i loro fucili rudimentali caricati a polvere dalla canna, fanno un gran fracasso e un densissimo fumo nero. Ogni colpo è per noi un sobbalzo anche se ormai ne abbiamo sentiti tanti. E poi arrivano le maschere rituali – quelle che è permesso vedere – perché i feticci usciranno solo questa sera e per tutte le donne, noi comprese ce lo hanno raccomandato – sarà assolutamente proibito vederli, pena la morte. E qui non si scherza, veramente la donna che volesse vederli sfidando la tradizione, si troverebbe – non si sa come – avvelenata. La festa è lunga ma interessante e a volte per noi anche sconvolgente. Il sole batte su questa immensa piana completamente desertica senza una sola pianta, la polvere alzata dai danzatori ci fa tossire e ci colora di color ocra. Andiamo un momento a rinfrescarci dalle suore francesi con gli altri padri e suore altrettanto stanchi. Alle sei i vecchi rientrano e noi con loro, stravolte. La notte le grida dei feticci sono davvero agghiaccianti ma noi siamo chiuse nelle nostre camere. La festa continua ancora domenica. Alla mattina un matrimonio ed un battesimo; siamo invitate a pranzo dallo sposo. Mentre cerchiamo di destreggiarci con la nostra mano destra nel “catino” comune del riso, la suora mi dice che bisogna andare a vedere una partoriente in difficoltà. Ho un bel dire che non sono esperta “ginecologa”…tocca a me, non c’è nessun altro. Entro nella “sala parto”. Un odore atroce mi prende lo stomaco, prova di forza per non vomitare il riso appena mangiato. La donna è per terra che si dimena, dicono da quattro giorni. Mi sembra il caso di portarla all’ospedale, la carichiamo in macchina e via… Le ostetriche cinesi verificano che va male, bisogna fare il cesareo, ma in ogni caso il bambino è morto. Rimango stupita quando ci presentano la lista delle cose da comperare. Antibiotici e fisiologica glucosata, ma anche alcool, cotone, garze e cerotti, mi sembra davvero un po’ troppo. E chi non può? Noi siamo bianchi e abbiamo possibilità di aiutare almeno i nostri malati, ma gli altri, quelli che vengono soli? È cominciato così brutalmente il mio lavoro, Snoopy direbbe: mi è saltato addosso! I buoni propositi di stare qualche mese a “vedere” per conoscere, cominciare a imparare la lingua per capire e farci capire naufragano brutalmente di fronte alla dura realtà.
Ci hanno installato il pannello e tre lampade, ‘stasera è un sogno.
Sembra incredibile il valore della luce. Quando la si ha non ce ne si accorge neppure, basta schiacciare un interruttore e…tac! Ma quando da tempo non la vedi più, non ti sembra più possibile che ci possa essere. In Costa d’Avorio c’era il gruppo elettrogeno che funzionava due ore la sera. Qui avevamo “le meravigliose lampade a petrolio” romantiche forse, ma quanta fatica per i nostri occhi. Mi ricordo una delle prime sere che eravamo qui, Paola stava andando a dormire in camera sua portando ovviamente una delle due lampade. Ma la luce è fioca e rischiara a zone. Ad un certo punto ho sentito un urlo assordante: “Mariagrazia il serpente!”. Non avendolo visto entrando in camera, ci aveva messo un piede sopra e per sua fortuna lo zoccolo aveva schiacciato la testa e Paola aveva ricevuto solo una grossa codata, fosse stato il contrario…
Ma ora siamo ricche, vedremo tutto: serpenti, scorpioni, ragni, zanzare. Forse ci faranno più paura ma almeno potremo difenderci. E poi potremo leggere, fa così compagnia, e scrivere. Sono così fondamentali le lettere degli amici e dei familiari… Ma se non si scrive…
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