Sette giorni in un barile

Mio fratello passò sette giorni e quasi sette notti nascosto sotto un barile di benzina vuoto, capovolto su di lui, in mezzo a quelli pieni!

I suoi amici, che temevano i colleghi inglesi, lo facevano uscire a sgranchirsi le ossa, solo per qualche minuto durante le ore piccole, quando tutti gli altri dormivano. Quindi gli davano una bevanda calda e un panino imbottito rubato in cucina o a tavola, poi lo rincantucciavano di nuovo sotto il barile con una bot- tiglia d’acqua e due panini per tutta la giornata seguente. Grazie solo alla sua buona salute e solida costituzione se non ci rimise la pelle, bruciando in quel abitacolo sotto il sole di giorno e battendo i denti dal freddo di notte. All’alba del settimo giorno fu liberato ed accompagnato nella stiva a camminare su e giù fra merci e bagagli perchè all’attracco potesse essere già in condizioni di correre e confondersi coi facchini che di lì a poco sarebbero saliti a scaricare. Tutti ebrei, tutti addottrinati che riconoscevano un clandestino a prima vista, al quale consegnavano una lacera tuta, sporca, da indossare sopra i propri abiti e gli facevano scaricare i colli meno pesanti, su e giù per la scaletta del piroscafo alla banchina, per cinque o sei volte, poi arrivare ad uno dei camion su cui caricare le masserizie e nascondersi fra queste in modo da non apparire e lasciarsi trasportare, passando dai vari cancelli del porto, tutti controllati dagl’inglesi. Era il 31.3.’47. Alla prima fermata di un qualsiasi autobus, lo scaricarono perchè se la sbrigasse da solo come ogni pioniere.