Somalia

Nel 1946 avevo 33 anni, sposato, senza titoli di studio riconosciuti; tanta fame e tanta volontà di inserirmi nel mondo del lavoro. Come vivevo. Vivevo alla giornata. Quando mio cognato Vittorio riusciva a farsi assumere dalla ditta trasporti “Gondrand” come scorta alle merci dirette al Sud, era già una festa in quanto assicurava a me e ad Anna, mia moglie, il minimo necessario, almeno per qualche giorno. Personalmente provai ad improvvisarmi venditore di cravatte, fotografo ambulante, sempre con scarsi risultati. I ricordi del mio greco e del mio latino stavano ben chiusi nel cassetto. Un’industria, a cui mi ero rivolto, necessitava di un conduttore di caldaie a vapore; non esitai a prestarmi per un tirocinio di un anno per essere poi idoneo a sostenere l’esame di abilitazione. E cosi fu. Il mio lavoro non durò però a lungo; la ditta fallì ed io, con moglie e figlio, nato nel frattempo, mi trovai nuovamente sul lastrico. Un giorno  tuttavia esaminando le inserzioni della rubrica “Offerte di lavoro” di un quotidiano genovese, fui attratto da un’inserzione particolare: una società con sede a Genova, offriva ai conduttori di caldaie a vapore abilitati, l’opportunità di lavoro in uno zuccherificio in Somalia. Ne parlai con mia moglie; discutemmo a lungo ma, non avendo altra scelta, inoltrai domanda alla Società dell’inserzione e la domanda fu accolta.