Mestieri
ceramistaLivello di scolarizzazione
Paesi di emigrazione
EtiopiaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Dopo il dissolvimento dell’Impero italiano, nel 1941 in Africa orientale, Dario Poppi sceglie di non lasciare la segheria avuta in affidamento dalle autorità italiane, e un territorio nel quale è divenuto un punto di riferimento per la comunità locale. Affronta come può il ritorno a casa delle truppe indigene che hanno combattuto e perso a fianco degli italiani contro i britannici.
Tornano a casa gli ascari dei battaglioni di colore disciolti. Qui nella zona di Gialo ce n’erano molti arruolati e quasi tutti i miei operai più giovani erano partiti per fare gli ascari, allettati dalle buone paghe e soprattutto dalla voglia di maneggiare le armi e fare la guerra. Tornano carichi di bottino “autorizzato”. Mano mano che arrivano e apprendono che io sono ancora qui, vengono a presentarsi con tutte le armi e fagotti.
Mi fa vedere il biglietto regolarmente timbrato dal comando del battaglione e firmato dal comandante il quale dichiara che l’ascaro tal dei tali della cabila tale è prosciolto dai suoi obblighi militari ed è autorizzato a prelevare dai materiali che vengono abbandonati ciò che vuole.
C’è chi arriva con due fucili, un tascapane pieno di cartucce, varie paia di scarpe militari legate alla canna del fucile, magari tutte destre o tutte sinistre, calzini d’ordinanza, pancere, e cento altre mercanzie.
E così con strette di mano da generale che encomia i suoi soldati, manate sulle spalle con dei:
“Bravo, bravo” riesco a vedere cosa hanno nei tascapani e fagotti. Troppe cartucce, troppe bombe, l’occasione e le armi fanno l’uomo… scifta, e questi ragazzi ora che sono qui, tutti insieme e così armati, senza lavoro, abituati ormai alla guerra, ci vuol poco che si organizzino in bande e si diano al brigantaggio, ed essendo tutti Galla approfittino per far fuori i balacalade abissini loro ex e futuri padroni.
Un notabile abissino è venuto a trovarmi per espormi questo timore e per pregarmi di fare qualcosa, di comprare io armi e munizioni, pagherebbero loro, dice, dovrei solo fare la parte perché a me credono e riuscirei a convincerli. Non è una buona tattica questa, potrebbero anche vendermele allettati dai quattrini che offrirei, ma poi; finiti i soldi in sbornie e bagordi, ci ripensano, può darsi che venga loro la voglia di riprendersi le armi e munizioni ed allora non so cosa potrebbe capitarmi.
Bisogna pensare a qualcosa d’altro.
L’idea me la danno loro stessi alla fine; attorno alla segheria su nel bosco, è una continua sparatoria, sparano in aria, fanno bersagli sugli alberi, si sfogano insomma, e così mi viene l’idea di indire delle gare di tiro collettivo sia per fucili che bombe a mano.
Passo all’attuazione pratica, lancio i bandi…, metto in palio premi da 25 fino a 50 lire, somme rispettabili per loro dato che la nostra moneta circola ancora non svalutata. Fiaschi, bottiglie, barattoli (ne ho dei mucchi in segheria) legati a rami d’albero in gran copia costituiscono i bersagli, poi i falchi roteanti incessantemente sui mucchi di rifiuti. Le gare sono per squadre, non per singoli tiratori, così munizioni ne vanno sciupate molte di più per un solo bersaglio.
Insomma ogni giorno, fin che son durate le munizioni è stata una sparatoria tale che nei primi giorni in paese si erano impressionati; molti si preparavano a difendersi, altri a scappare, in quanto a me mi ritenevano già morto e divorato dalle iene.
Poi vennero a sapere di cosa si trattava e tirarono un sospirone. Anzi fecero reclame e suggerirono a quelli del paese di venire su al bosco e partecipare alle gare, e molti vennero e furono i ben venuti.
In una settimana diedi un buon colpo alle munizioni ed anche alla mia cassa perché non lesinavo premi e rivincite e premi di consolazione. Non speravo certo in un rimborso da parte degli abissini che quando si tratta di pagare non ci sentono proprio. E fu così infatti.
Poi ho pensato a liquidare le bombe escogitando gare di abbattimento di alberi: nel bosco si cercavano due alberi della stessa misura, non lontani fra loro, ed ogni albero veniva preso di mira da una squadra che doveva farlo cadere a colpi di bombe. Le squadre si mettevano nella parte alta per sicurezza, ma così era più difficile la mira ed i tiri risultavano all’inizio sempre lunghi. La squadra che per prima faceva cadere l’albero vinceva.
Dopo alcuni giorni infernali nel bosco, anche le bombe finirono.
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