Mestieri
elettricistaLivello di scolarizzazione
diploma di scuola media superiorePaesi di emigrazione
Francia, GermaniaData di partenza
1957Data di ritorno
1970Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Dalla Puglia alla Francia, dalla Francia alla Germania: l’esperienza migratoria di Luciano Giovanditti prosegue, nel segno di una costante ricerca di condizioni di lavoro più umane e di una vita migliore.
Nella stazione di Stuttgart, con pacchi, valigie e lettera in mano, con poche parole e molti segni, chiedevo a destra e sinistra, come recarmi in quel luogo. Ogni sforzo di farci capire era vano. Dio, che fare?
Fortunatamente mio padre si ricordava del nome della ditta dove lavoravano i nostri compaesani. Così, tra una parola francese, un’altra italiana e una tedesca, un portantino e un curioso ficcanaso, ci misero sopra un tram, dando l’istruzione al conducente di farci scendere davanti la casa dell’imprenditore di lavoro.
Erano le dieci di sera ai nostri orologi quando il datore di lavoro, stupito, uscì sull’uscio della sua casa, dopo che avevamo suonato il campanello della porta. Noi, con le valigie, i pacchi e la lettera in mano, certo non eravamo gli uscieri, ma di sicuro non avevamo fatto buona impressione a quell’uomo in pantofole che, dopo un cenno di attesa, socchiuse un po’ la porta e chiamò qualcuno in tedesco. (Mi sembrava vedere un film di guerra.) Subito dopo una donna uscì, immaginai fosse la moglie o la segretaria, che, senza perdere la calma, alla lettura dell’indirizzo, scoppiò in una risatina, e tra un “zo zo” e un “ja ja”, chiamò un taxi, già pronto nel giro di qualche minuto dietro le nostre spalle. La donna spiegò al tassista dove ci doveva condurre, ed eccoci finalmente partiti per la giusta direzione.
Tra lampioni e insegne di vetrine illuminate di tanti colori, attraversammo il centro di Stuttgart che si offriva ai nostri occhi nel suo più bel vestito da sera. Era la prima volta che vedevo il centro di una grande città. Ero sbalordito per le luci. I passanti che si fermavano a guardare le vetrine illuminate sembravano loro stessi manichini.
Il viaggio
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