Mestieri
studenteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
GreciaData di partenza
1941Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Nuovo spostamento per il sergente Ruju, che nell’estate del 1941 viene trasferito dal regio esercito in diverse località della Grecia per presidiare il territorio ellenico dopo la l’occupazione italiana. Nelle lettere a casa omette il nome della località in cui si trova, ma da alcuni indizi disseminati tra le righe si capisce che è arrivato nella città di Atakos.
- 8-10-41-XIX
Carissimi tutti, ormai da vari giorni non arriva qua la posta essendosi guastata la motocicletta che faceva ogni due giorni il servizio: si attendeva da un giorno all’altro, speriamo, come pare, che arrivi stasera o domani al più tardi. Non ho molto da aggiungere a ciò che ho scritto nella mia ultima. Il tempo è sempre magnifico, le giornate si susseguono abbastanza veloci, basta saperle un po’ “riempire”. Ripeto ancora che sto benissimo. Abbiamo, noi sergenti, la stessa libertà, si può dire, degli ufficiali, si mangia abbastanza bene, ora abbiamo persino la nostra zanzariera individuale. Perché il pericolo della malaria ‘passera’ del tutto alle prime pioggie, fra dieci, venti giorni. Quelli che fanno servizio di notte devono portare attorno alla testa la zanzariera e alle mani dei grandi guanti: e la ronda, quando passa avvolta in questi affari, bianchi, desta le risate mal represse delle ragazze e i ragazzini le vanno appresso con grande sollazzo. Questo veramente le prime sere ora si sono abituati. A., in fondo al suo golfo profondo è divisa in due parti: la prima, in pianura, non presenta niente di speciale, case ad uno o due piani l’una addossata all’altra, vie squadrate regolarmente. Al contrario la parte occidentale del paese è molto pittoresca: casette e muretti bianchi di calce v sparsi tra gli olivi lungo la costa montagnosa del mare. Davanti alle case, dei pergolati, qua e là agavi, fichi d’india, qualche geranio rosso e fiori. Alle spalle la montagna rocciosa, su su fino a mille metri, di fronte al mare, azzurrissimo, chiuso dalle montagne e, là in fondo, da una decina di verdi isolette, la grigia muraglia di Itaca e Cefalonia. Con quel mio amico di Milano veniamo spesso da questa parte, quasi ogni giorno, spesso la notte, in queste belle e calme notti bianche di luna: e le case risaltano nel loro candore e il mare è tutto barbaglii iridescenti. Penso che tutto ciò debba essere molto simile a Capri, a quanto ho letto e visto nelle illustrazioni. Dalle montagne giunge, di tratto in tratto l’ululato sinistro di qualche lupo e, a intervalli, le grida roche e prolungate che i pastori emettono durante tutta la notte per spaventarli e tenerli lontani dal loro gregge. Naturalmente questo si può sentire solo quando il silenzio profondo della notte annulla la distanza che ci separa dalle montagne. Anche numerose sono qua le volpi, ma sono troppo furbe per avvicinarsi a tiro di fucile. Lungo tutta la costa una stretta striscia di spiaggia sassosa: ed è in questa che, mesi fa, il mare pietoso ha portato le salme di otto soldati tedeschi… i nostri soldati li hanno sepolti in quello stesso posto… lo ricordano otto croci e una rozza grossa lapide. Ci sono stato ieri, è nell’arco del golfo di fronte al paese, in un silenzio triste e nudo cullato dalla risacca cupa, monotona, uniforme delle onde. Spesso andiamo in barca a vela o a remi. E spesso, la notte, è tanto bello stare seduti al tavolino di qualche fumosa bettola di marinai, proprio sul mare, accanto alle barche tirate a secco sulla riva. Giorni fa, mentre verso le nove di sera passeggiavo con quel mio amico appunto in questa zona occidentale del paese, siamo stati attirati verso una casa da dei canti strani, come una nenia prolungata, tipicamente orientale. La mattina era stato celebrato un matrimonio e adesso si faceva il grande pranzo tradizionale. Una lunghissima tavola sotto il pergolato, qualche lume a petrolio, molta luce di luna. Attorno decine e decine di persone, uomini, donne, di tutte le età. Parecchi erano già brilli. Ci hanno visto e ci hanno invitato a entrare. Gli auguri agli sposi, molte strette di mano, sigarette (offerte da noi) e ci hanno fatto sedere. Gli uomini cantavano e bevevano, gli sposi tacevano annoiati e si guardavano, una bambina di quattro — cinque anni aveva troppo bevuto e ora socchiudeva gli occhi e di tratto in tratto scoppiava a ridere stranamente. Ci hanno costretto a bere un vino orribilmente resinato, a mangiare dell’agnello freddo, bollito e salato in modo indegno. Poi hanno voluto che anche noi cantassimo, “Traguda (cantate) Santa Lucia! Santa Lucia!”. Abbiamo cantato, insieme con qualche marinaio che era stato in Italia e conosceva la canzone. Poi siamo andati via e hanno ripreso le loro cantilene interminabili… insomma una serata interessante… Beh, come ricompensa, il giorno dopo, passando ancora da quelle parti, col mio amico abbiamo fermato e portato dentro sei persone che circolavano dopo il coprifuoco… è la guerra… Giorni fa son dovuto salire, con due dei miei uomini, su una di queste montagne. Un mattino chiarissimo, splendente di luce. Dall’alto un panorama che non ha che invidiare a nessun altro, tutto il golfo, le isolette in fondo separate l’una dall’altra, tutte sotto di noi come in una carta geografica gigantesca, il mare trapunto di bianche minuscole vele e lucido come uno specchio. A giorni avrò forse l’occasione di andare in motobarca lontano, lungo questa costa.
Beh, ora vi ho parlato anche troppo di cose che forse vi interessano poco, ma non ho altro da scrivervi. Cioè, no. Oggi è arrivata una circolare per la quale dobbiamo presentare al nostro Comando la domanda per il corso A.U.C. La domanda deve essere indirizzata al comando della Difesa territoriale nella cui giurisdizione si trova la scuola che si intende frequentare e corredata dei relativi documenti. Tutto ciò io l’ho già fatto, ora, magari procurerò di presentare un’altra domanda al mio comando attuale. Il brutto di tutto questo è che risulta chiaro che il corso si farà in Italia: dovremo perciò fra non molto lasciare questo luogo e la nostra posizione di privilegio, tornare in Italia e tribolare per mesi e mesi in una scuola, tutto da capo!… Ma ormai non mi amareggio più, si è abituati ad accettare passivamente tutto. Qua mi piace anche perché io sono molto benvoluto dai soldati dei quali cerco di interessarmi più che posso. Ieri i calzolai, spontaneamente, mi hanno proposto di farmi un paio di scarpe, non appena arriveranno quelle nuove, che essi sanno disfare e rifare mirabilmente, rinforzate e migliorate. Per ora ho detto loro di farmi uno scudiscio, come quello che portano gli ufficiali; qua è molto utile… Ora ho terminato. Non posso però impostare finché non arriverà la posta (che si riporta via quella in partenza). Perciò aggiungerò allora qualche riga.
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