Sulla strada

Sette anni fa dovevo andare in America.
Soldi non ne avevo, ma il signor Laker aveva lanciato lo Sky Train e sul suo esempio si poteva partire dal Lussemburgo, dall’olanda, con l’aereo dell’ultimo minuto, voli speciali di cui approfittavano gli studenti. Io ero stata studente trent’anni prima, quando leggevo «on the road» di Kerouac.
Com’era adesso l’America degli «Easy rider»?
non lo sapevamo; prima di reagan i giornali si interessavano
meno della «gente» americana. Io poi non avevo mai imparato l’inglese e negli usa non conoscevo nessuno.
Avevo già il bastone, camminavo a fatica, muovermi mi era difficile. Ero insomma nelle peggiori condizioni per affrontare il viaggio solitario. Ma quella era l’ultima occasione per visitare il paese che ci era ve- nuto in casa nell’età dell’adolescenza con la letteratura e la poesia beat. Sabato sera mio figlio mi disse: Se vai in Messico portami l’acqua del lago Texcoco che contiene la Spluix, l’alga spirulina. Insomma, c’era in tutti la sorpresa convinzione che stavo per an- dare in America come una solitaria pellegrina del Maiflower, come una pioniera dell’avventura. «Almeno terrò un diario!»