Mestieri
psichiatraLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
IndiaData di partenza
2002Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Giuseppe si immerge nel contesto abitativo della piccola città del Kerala in cui è andato a prestare il suo soccorso e la sua conoscenza. Quel che vede lo induce subito a riflessioni sulla condizione dell’uomo occidentale e sulla cultura dalla quale proviene.
Madaplathuruth (House of Fraternity), 22 novembre 2002, 24 ora locale
Ieri non ho scritto niente perché nel pomeriggio libero dal corso siamo stati in visita ai villaggi dove stanno i bambini delle adozioni e ho passato la sera a scrivere i lucidi in inglese per oggi. È una specie di catena di montaggio: prima con Suor Maria Francesca di San Pietro scriviamo i testi in inglese, poi io li trascrivo al computer, quindi facciamo la matrice di carta alla stampante e poi Don Enzo e Suor Mariangela producono il lucido finale alla fotocopiatrice e ne fanno una copia cartacea per ogni corsista. Così superiamo la difficoltà della lingua. Carla per conto suo produce gli schemi per le esercitazioni di gruppo e anche se non parla inglese è — come al solito — una animatrice di gruppo di grande comunicativa. Ieri sera ho incontrato quella che poteva essere la famiglia Corlito di 2 secoli fa, quando il primo Giuseppe di cui si conservi memoria viveva in una capanna di paglia e faceva la fame al Casale, tenimento del comune di Flumeri (Avellino). Mentre con Don Enzo facevamo il giro dei bambini, che ci toccava, sotto una pioggia battente e tiepida, è comparsa una donna sconosciuta di religione indù, chiamata da un’altra donna con un figlio adottato a distanza. Ci ha chiesto aiuto. Don Enzo gentilmente ha chiesto se potevamo andarla a trovare a casa. Abbiamo trovato una baracca di legno apparentemente solida, con una lampadina sulla porta, ma la lampadina non funzionava e la parete era l’unica esistente. Sui due lati c’erano delle canne che reggevano un incerato. In fondo c’era un brandello di muro, forse un residuo di una precedente costruzione. Mentre facevo il giro nella baracca (Enzo dentro stava conducendo l’inchiesta sociale sulle loro condizioni), ho stupidamente sperato che quel muro fosse il bagno o la cucina, ma invece nulla, era solo un rudere residuo di qualche costruzione precedente. Dentro la donna nel suo sari colorato aveva acceso una piccola candela e su un letto senza materasso, coperto da vecchie stuoie, che occupava il grosso della capanna, teneva due bambini piccoli addossati a lei. Minuti e con gli occhi nerissimi vispi come sono tutti i bambini da queste parti; molto magri con una maglietta a righe e i pantaloncini corti. Il padre, manovale, era ancora al lavoro. Erano le 18, la notte tropicale era precipitata all’improvviso dall’alto delle palme di cocco insieme alla pioggia. Abbiamo approdato che posseggono un piccolo appezzamento di terreno, meno di 100 metri quadri, nel dedalo degli spazi ricavati tra le palme con pali e incerati, dove sorge la loro baracca; ma sono di una casta non così bassa da poter ottenere la sovvenzione statale per costruire una casa. Dunque non sono considerati proprio gli ultimi. Mentre Don Enzo dentro con una suorina, che parla malayalam, la lingua locale, ed altri raccoglievano le notizie, io giravo intorno alla baracca e pensavo con le lacrime agli occhi al primo Giuseppe, che costruì al Casale quel primo muro di pietra con appoggiato il pagliaio, che, stimolando con astuzia la generosità del barone, gli portò la proprietà di quei cinque ettari scarsi, che ci sono appartenuti per due secoli. Ho pensato che potevo compiere un giro del destino e come il barone aveva regalato a noi la terra, la nostra terra, io potevo regalare a loro la loro casa. Don Enzo sta vedendo se entro la seconda settimana di permanenza in India si possa porre la prima pietra della casa. Stasera Chiara voleva costruire almeno una baracca ad una famiglia, rimasta con solo la nonna materna senza genitori (la madre morta di cancro e padre scappato con un’altra donna). La banca toglierà loro la casa per i debiti non pagati. Non esiste alcuna protezione sociale né per la malattia né per la pensione. Il proletariato sta qui come agli albori della sua storia: può contare solo sulla propria forza lavoro. Uno si chiede se l’homo sapiens è capace di giustizia sociale oppure no.
Il viaggio
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laureaPaesi di emigrazione
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