Mestieri
impiegataLivello di scolarizzazione
licenza scuola media inferiorePaesi di emigrazione
Inghilterra. GermaniaData di partenza
3.1961Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Mentre si mantiene lavorando nella stessa pensione in cui alloggia, Laura Nassi si iscrive a una scuola di tedesco. Da un lato vuole imparare correttamente la lingua, ben più complessa dell’inglese, che conosce; dall’altro conta di fare nuove amicizie.
Il mio lavoro proseguiva senza troppe difficoltà, anche il rapporto con i miei datori era piuttosto buono. Il ritmo e l’andamento della vita dentro la piccola pensione erano ben scanditi dall’assegnazione di mansioni precise per ritmi per ogni giorno della settimana. La prima colazione era compito della proprietà della signora Maria, e consisteva semplicemente nel far bollire le uova, e versare l’acqua calda negli appositi bricchi, dove era già stata disposta la polvere di caffè solubile; io subentravo all’arrivo dei clienti, portando in tavola il caffè insieme alle uova mentre il pane, il burro e la marmellata erano già stati messi sui tavoli.
La cucina era il regno del signor Guglielmo che ogni lunedì mattina puntualmente preparava un grande tegame di gulag [gulasch, Ndr] (molto simile al nostro spezzatino con qualche variante, la principale una forte quantità di cipolla) che poi veniva conservato in frigorifero da dove ogni giorni della settimana, salvo rare eccezione, veniva tirato fuori perché Guglielmo ne prendesse, quelli sufficienti per il pranzo e lo riscaldasse accompagnandolo con le patate bollite. Era buono ma mangiato tutti i santi giorni della settimana tranne domenica, giorno in cui non potevo godere della variante culinaria perché era il mio giorno libero, diventava sempre meno appetitoso. […]
Visto che lo scopo di andare a Berlino era quello d’imparare il tedesco, mi scrissi ad una scuola di lingua per stranieri che frequentavo due pomeriggi a settimana. Nella mia classe c’era una ragazza americana, quattro ragazze egiziane e due ragazzi (anche loro egiziani), un africano del Congo ed altri tre marocchini, tutti studenti universitari all’estero grazie ad una borsa di studio, eccetto l’americana. Molti di loro studiavano medicina, comprese le egiziane. […] c’era un ragazzo congolese, un giovane alto dal sorriso bianchissimo che contrastava con la sua pelle tanto nera che più nera non poteva essere. Era molto simpatico e si fermava spesso a parlare con me e Michela americana, e un giorno anche lui m’invitò ad uscire, non accettai con una banale scusa, ma lui insisteva per sapere il perché e alla fine mi disse che non volevo uscire con lui perché era nero: così per dimostrargli che nonostante le sue infondate convinzioni, il suo colore di pelle non aveva per me nessuna importanza, e che non ero razzista, e per convincerlo, accettai di andare con lui a fare una passeggiata per la città. Ricordo che la sua scura e lucida pelle, a confronto con la mia carnagione chiarissima, i miei capelli biondi e gli occhi celesti, colpiva i passanti che ci guardavano sorpresi. Dopo quella passeggiata riuscii a fargli capire che se non uscivo con lui non era per il colore della sua pelle ma perché avevo un ragazzo italiano che mi aspettava, il che non era vero, ma dopo un po’ rinunciò..
Il viaggio
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