Mestieri
musicistaLivello di scolarizzazione
frequenza universitariaPaesi di emigrazione
GiapponePeriodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Temi
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paesaggioL’impatto con la cultura giapponese. Alice Cappagli, musicista, giunge a Tokyo nel 1988 dopo aver fatto tappa a Seoul e tra le due grandi capitali dell’estremo Oriente rileva differenze notevoli che commenta sul suo diario.
Tokyo 25 Agosto ’88
E’ sera, siamo arrivati oggi da Seoul. Mi ha fatto una strana impressione vuotare le valige in un’altra camera d’albergo che trovo più desolante di quella che ho lasciato e per di più sfacciatamente antisismica. Il nostro è stato un trasferimento da un luogo lontano da casa ad uno ancora più lontano, un’esperienza che lascia un vago senso di deportazione. Il cielo qui è scuro, greve di umidità e di fumo e nelle tre ore che siamo rimasti nel pullmann oltre all’autostrada completamente intasata di traffico ho visto una periferia affollata e costruita con un parossismo edilizio che sa di horror vacui. Non so dove andremo a cena, se non insistessero tanto per farmi uscire di qui resterei a contemplare il soffitto perché la città che vedo fuori non mi invoglia. Eppure ci sarà il modo di fugare questa malsana malinconia che mi si è appiccicata addosso.
28 Ago, Tokyo
La tecnologia impazza al Sony Building di Ginza: gli occhi a luna dei Giapponesi, occhi ad alta precisione s’affilano dietro gli obbiettivi per controllare la definizione perfetta del business. I poveri a quanto pare non s’aggirano per i marciapiedi, l’infamia s’è accanita contro di loro e la solitudine circonda la loro tomba. Solo, scorrevole sui suoi cuscinetti a sfera scivola il New Otani come il veliero del progresso. Così vagando sono incappata in una manifestazione di destra, urlavano dentro un megafone ideogrammi irriproducibili e sventolavano striscioni che non ho potuto fare a meno di giudicare dentro di me molto decorativi con lampante ignoranza dei significati. Non riesco tuttavia a cogliere l’atmosfera, c’è qualcosa che mi sfugge e che m’inganna.
29 Ago, Tokyo
A Seoul mi pareva tutto chiaro: piccoli uomini scuri dalla pelle lucida di sudore, grattacieli contro viottoli pieni di miseria pittoresca e chiassosa, condense nere che spruzzano acqua da decrepiti condizionatori di localini bisunti e malsani, e poi puzzo d’aglio venduto nei canestri agli incroci, colori che feriscono gli occhi, caos e avanguardia. Mi pareva chiarissimo, l’industrializzazione frenetica aveva travolto una società agricola, avvertivo nei coreani stordimento ed entusiasmo ed ero abituata ormai a leggere nelle didascalie dei palazzi che questi erano stati ricostruiti regolarmente dopo le distruzioni dei giapponesi. Qua invece è diverso, credevo di trovare lo stesso tipo di oriente o almeno una situazione simile e invece sembra di essere in un altro mondo. Si direbbe che qua abbiano gettato una secchiata di futuro sulla loro civiltà imprigionandola nel gesso: s’intuisce vagamente ma è irraggiungibile. Sembrano asettici e del tutto occidentalizzati eppure sotto la loro perfezione futuristica deve esserci l’antico Giappone. Nel parco dell’imperatore ad esempio non si può entrare la sentinella ha incrociato le mani come braccia di un passaggio a livello chiuso e insieme ha allargato le gambe come fosse decisa a non limitarsi ad una pura e semplice negazione. Così sono rimasta a guardare le cornacchie dal becco nero che svolazzano dentro e fuori la muraglia gracchiando beffe agli sprovveduti occidentali che pretenderebbero forse di violare una regola sacra.
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