Mestieri
minatoreLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
BelgioData di partenza
1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Lodovico Molari è in Belgio nel 1956, lavora come minatore, come i fratelli Vittorio e Antonio. Quest’ultimo è tra le vittime del disastro di Marcinelle. Lodovico la mattina dell’8 agosto, giorno del disastro, è nell’area antistante la miniera in fiamme e assiste allo svolgersi degli eventi.
Che urla di disperazione! Ti trafiggevano il corpo mentre chiamavano ad alta voce i nomi dei loro cari che erano sotto. Nel breve tempo che era trascorso, tutto lo spiazzale era colmo di gente, già qualche giornalista aveva occupato i punti strategici. Io rimango lì senza muovermi, mentre dentro i cancelli vi erano squadre di soccorso in andare e vieni per poi scomparire in direzione del pozzo in fiamme. Arriva la notte senza nessuna notizia, mentre nell’oscurità non si vedeva più quel fumo nero, ma solo le scintille che si spegnevano nel cie- lo scuro. Negli uffici, nell’officina e negli spogliatoi, intravedevo in quella luce fioca un pienone di persone; poi seppi che vi era anche il re Baldovino, era giunto sul posto per rendersi conto personalmente della gravità della situazione.
Sono rimasto lì attaccato al cancello tutta la notte e all’alba tutto era come il giorno prima. Non conoscevo nessuno di chi mi stava accanto, così non potevo chiedere notizie di mio fratello Vittorio; non mi volevo muovere soprattutto per non perdere il posto, era un posto abbastanza strategico, potevo vedere molte cose e in caso di qualche notizia ero proprio a portata di mano. Intanto le ore passano e passa anche questa terribile giornata e si fa nuovamente sera, sono senza mangiare, bere e senza dormire ma non mi sento il bisogno, ho solo necessità di notizie, ma non arrivavano mai.
Verso le ore dieci di sera, si avvicina uno e mi dice: tu sei Lodovico Molari? Sì risposi! Ti cerca tuo fratello ancora da ieri, vieni con me so dove trovarlo. Ho lasciato il mio posto e l’ho seguito in mezzo a quella folla, finalmente lo vedo, lo chiamo e ci siamo abbracciati in un lungo pianto. La gente era tanta che era faticoso anche muoversi, nel frattempo si fa un gruppetto di gente ancora più folto intorno a noi e dicono di essere amici di nostro fratello. Si adoperano in ogni modo per essere a nostra disposizione e per qualsiasi nostro bisogno; uno dei quali mi vede sfinito, ero sorretto solo da un briciolo di speranza; mi supplica di seguirlo e mi porta in un’abitazione proprio sul piazzale della miniera, senz’altro di proprietà della stessa, vi era una camerata piena di letti, mi porta vicino ad uno di essi che era tutto disfatto con coperte e lenzuola tutte spiegazzate, ma appena mi sono vicinato, sono caduto e non ho dato pin segno di vita fino al giorno dopo a tarda mattinata. Mi alzo di corsa, una lavata agli occhi e corro ad avere notizie, ma di nuovo non c’è nulla, con pazienza e adagio riesco ad acquistare il mio posto dei giorni passati. Verso sera un conoscente mi chiama e mi dice che sul giornale c’era un articolo dei miei genitori e anche il babbo e il fratello Bianconi alla stazione di Milano in attesa di avere la documentazione per raggiungere il Belgio. Intanto si fa nuovamente notte e la veglia si presenta ancora più dura, soprattutto perché si stanno spegnendo quelle poche speranze rimaste, vedendo davanti gli occhi solamente illusioni.
Decido di ritornare davanti ai cancelli della miniera, ma le no- tizie non cambiano mai, sono sempre le stesse, mentre la speranza si allontana sempre. Ormai la ressa è così tanta che mi trovo schiacciato contro il cancello ma non mi arrendo, mentre noto tanta confusione dentro il recinto e un gruppetto venire verso di me, si avvicina uno e chiede se ci sono parenti dei minatori sepolti, io e altre tre persone gli facciamo segno di sì, si apre il cancello, ci fa entrare richiudendo subito. Dopo pochi metri ci porta a fare conoscenza del gruppo, uno si fa avanti dicendo: io sono il ministro del lavoro Vigorelli del governo italiano, sono venuto per rendermi conto personalmente di questa immane tragedia, mentre faceva le sue presentazioni, si toglie dalla tasca un foglio, lo apre lentamente tenendolo in modo che altri non potessero leggerlo. Mentre chiedeva i nostri nomi e quello del minatore, nell’istante controllava il foglio, quando è venuto il mio turno, mi guardò in modo sofferente, rispondendo che la speranza era l’ultima a morire, ma dovevamo stare accanto ai genitori mogli e figli in un momento così doloroso. Ci ha congedati dopo una ventina di minuti e siamo ritornati fuori dal recinto, serrando dalla parte interna nuovamente i lucchetti.
Dopo qualche ora vedo il Calbucci che mi stava cercando per- ché i miei genitori erano arrivati. Arrivato poco tempo dopo, ho trovato i miei genitori e i Bianconi distrutti dal dolore e dalla fatica perché a Milano avevano cercato appositamente di fare ritardare il loro arrivo in Belgio sperando forse in attesa di migliori notizie. Il fratello di Bianconi e i miei genitori erano abbastanza provati, mentre il babbo era distrutto perché molto anziano e a sopportare tale situazione gli era stata veramente faticosa.
All’indomani mentre ero ancora davanti al cancello, mio fratello con i genitori e i Bianconi si erano assentati; un amico di mio fratello Antonio mi fa cenno di seguirlo. Giunti a pochi me- tri dallo spiazzale mi ritrovo assieme ai genitori e al fratello, poi quel signore ci portò in un salone, là rimasi senza respiro, siamo di fronte ad una schiera di bare allineate su diverse file, ci accompagna accanto ad una bara dove in un biglietto sopra il coperchio riportava il nome di Molari Antonio riconosciuto per la mancanza della prima falange del dito anulare della mano sinistra e dall’abbigliamento. In quell’istante moriva in me anche quel piccolo filo di speranza che ancora viveva nel mio animo. Ora potevo conoscere quale era il dolore per la per- dita tragica di un fratello, mentre ho potuto solo immaginare quale fosse per un genitore la perdita del figlio. Il giorno dopo era tuto pronto per i funerali, tutte quelle bare sono state sistemate sopra dei camion e finita la messa funebre si parte per il cimitero. Mentre il corteo avanza lentamente verso il luogo di sepoltura, si passa davanti la miniera ancora fumante con lo spiazzale colmo di persone in attesa di notizie.
Il viaggio
Mestieri
minatoreLivello di scolarizzazione
licenza elementarePaesi di emigrazione
BelgioData di partenza
1955Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976)Gli altri racconti di Ludovico Molari
La tradotta
Siamo giunti a Milano verso sera con la sistemazione in dei locali al Sant’Ambrogio, là ci...
“Facce sbianche”
Il treno riparte e dopo pochi chilometri si ferma e con l’appello questa volta ci sono...
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