Mestieri
bracciante, garzone, muratoreLivello di scolarizzazione
terza elementarePaesi di emigrazione
Francia, Gran Bretagna, Guyana FranceseData di partenza
1896Data di ritorno
1907Periodo storico
Periodo post-unitario (1876-1914)Orlando ha 14 anni e una gran voglia di vedere il mondo. Nel suo piccolo paese della Lunigiana, Fivizzano, tornano dalla Francia alcuni emigrati stagionali che lo incantano con i loro racconti e le promesse di guadagno
Nel 1895 Celtaldola cominciava a emigrare stagionevolmente. Dove (come tutt’oggi) si recavano a passar la meglio stagione di lavoro nel principato di Monte-Carlo, già anticamente terra italiana ceduta alla Francia. Quell’inverno che lasciai la scuola, cioè nel 1895, ne ritornava da Monaco anche un mio cugino. La sera che coi miei genitori s’andava in veglia in sua casa, ci racontava lui e suo figlio che assieme al padre ne era andato, i lavori, le paghe, i viveri ecc. Dove burlando, disse ai miei genitori di mandarmi anch’io che mi sarei guadagnato due lire al giorno. Io ch’ero presente, dimandai se sarei stato buono a qualche lavoro e che ne sarei andato al prossimo viaggio. Ma i miei genitori non vollero per nessun maniere, onde mi dissero tante cose, che non avevano più che me solo, e che sarei andato contro a delle disgrazie, e che del mangiare ce l’habbiamo, insomma tutte cose per il mio bene e tutte cose indovinate. Ma io non riflettevo ancora e sì insistetti tanto finché finirono, con una raccomandazione a mio cugino, col cedere. Io tutto contento, a tutti davo la nuova, come gli altri miei compagni, della mia partenza in Francia (così intendesi Montecarlo). Chissà a noi ci pareva di andare a vincere un terno al lotto, ci davamo quell’importanza a quella parola di… Francia, come se fossimo stati gli uomini più coraggiosi della terra. Oltre che in quel paese la magior parte era si puol dire invecchiata senza veder mare, treni, vapori ecc. Figuratevi se gli sembravamo poco coraggiosi.
Intanto il mese d’aprile si avvicinava e noi fatto pasqua si doveva partire. Mio padre, che aveva girato, la sera mi prendeva, dandomi tutte quelle lezioni importanti per un viaggio, cioè di stare bene indietro alla stazzione, che non m’avicinassi alle raie, montare scendere quando fosse ben fermato, di non espormi troppo al finestrino, di non abbandonare ne mio cugino ne la valigia dei miei effetti, e sopra tutto d’aver giudizio nella campagna del mio lavoro lontano. Mia madre si vedeva sempre a lavare, ricucire, a rimettere un bottone a quella giubba, che appena prendeva un ogetto mio che dovevo portare via, gli veniva le lacrime agli occhi pensando che anche l’ultimo figlio l’avrebbe fra tre giorni abbandonata.
Povera madre! Non gli pareva ancora vera che dovessi andar via, dicendomi spesso sotto voce, Non partire figlio, resta qua con tua madre!
Il viaggio
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