Mestieri
agronomo, fattoreLivello di scolarizzazione
perito agrarioPaesi di emigrazione
LibiaData di partenza
1932Data di ritorno
1959Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976) Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)All’inizio degli anni Trenta, disoccupato e con una moglie e una bambina appena nata, Adriano Andreotti decide di partire per la Libia “italiana”.
Non è facile decidersi a disfare una casa, messa su da poco per riavere una famiglia, dove quel poco che c’è per te è quasi tutto. Quasi tutto per il tuo spirito, ma se ti manca il lavoro, non mangi ed allora il bisogno ti spinge, ti tormenta, ti rimprovera e ti assilla.
Andiamo? Non Andiamo? Leggo e rileggo chi sa quante volte la lettera che mi hanno scritto. Dice che il lavoro c’è, le paghe sono discrete, la vita non è cara, se vuoi venire, vieni….
Qui invece, al mio paese, non c’è lavoro e non c’è paga. Siamo ormai in tre, i bisogni aumentano, voglio lavorare, voglio guadagnare, andiamo!
Quando la bimba dorme mia moglie, un poco alla volta, raduna le cose che dobbiamo portare con noi. Vedo il mio vestito da sposo, il suo vestito da viaggio, cuffie e scarpette di lana che forse in Africa non serviranno mai, un biberon di ricambio, la biancheria del corredo, le posate dell’astuccio che non abbiamo adoperato mai, l’orologio che ci regalarono… il nostro patrimonio è tutto qui: due valigie ed un baule di roba usata, ma in tre non abbiamo ancora quarant’anni e ci sentiamo ricchi per tutta la vita che è ancora davanti a noi. Del resto, con la paga, speriamo di poterci fare qualche cosa di più.
Lo strizzone lo provo quando vengono a prendere la culla. Non la possiamo portare via, è ingombrante, bisognerà ricomprarla. Peccato, era quasi nuova, ci hanno dato quasi niente. Domani ci dormirà un altro bambino. Penso: già, domani chiuderemo tutto, il fuoco resterà spento, torneranno i topi e di noi, in paese, resteranno soltanto delle date sui registri dell’anagrafe.
Di fronte all’avvenire incerto mi sento prigioniero del presente, di questo presente che si chiama oggi, ultimo giorno. Ogni particolare, la crepa del muro che sembra una saetta, il nodo di un travicello, il chiodo dove era appeso il ritratto di mia madre, mi assilla e mi distrae. Sono già uno straniero a casa mia, la parola emigrante mi scoraggia: sa, per me che non volevo partire, di greggi che transumano verso pascoli meno magri, di uccelli incalzati dalle avverse stagioni che si radunano in attesa del vento propizio per la trasvolata, come si raduna la povera gente che, spinta dal bisogno verso i porti congestionati, va su per la scaletta della nave senza voltarsi indietro, per non piangere. […]
Cerco di fotografarmi tutto nel cervello per portare con me quanto più posso del mio passato: penso, contemplo, ammiro, forse soffro, ma ormai è troppo tardi; alle ruote della vecchia 501 hanno già messo le catene, le valigie sono già sopra, il noleggiatore ha fretta, la mia bambina ha freddo; dico a mia moglie: – Andiamo…
Prima dell’ultima curva, da dove si vede ancora casa nostra con le persiane chiuse, ci voltiamo indietro. Io mi asciugo una lacrima, si asciuga una lacrima anche lei.
Il viaggio
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LibiaData di partenza
1932Data di ritorno
1959Periodo storico
Periodo post seconda guerra mondiale (1946-1976) Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Adriano Andreotti
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