Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CamerunData di partenza
1991Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Isabella racconta il suo arrivo in Camerun, nel 1991, per contribuire come volontaria alla realizzazione di un collegio-scuola per esperti lavoratori del legno. Un’impresa avviata grazie all’opera di colui che, per tutto il diario, chiamerà “mon père”, il prete salesiano Don Giovanni Rizzato.
Martedì 2 Gennaio 1991
Partenza per il Camerun. Siamo partite puntuali alle 16,15. Aereo quasi vuoto. Viaggiato comodamente. Arrivo a Douala con un breve anticipo, alle 21,25. Controllo dei bagagli. All’aeroporto arriva trafelato in ritardo Mon Père, che ho già conosciuto in casa di Anna. Il fatto che arrivi trafelato pare sia una condizione normale per lui. Quando lo conobbi in casa di Anna, mi aspettavo un’austera figura di missionario ma a parte una piccola croce sul petto nulla in lui fa supporre il mestiere di prete. Nel buio della notte i volti neri dei facchini sí distinguono male. Tentano di portarmi via la valigia che io trattengo come posso. Il caldo umido è soffocante.
Mercoledì, 3 gennaio
La strada che collega Douala a Yaoundé è bella ” bien goudronée”. In macchina, oggi, i miei amici non hanno fatto altro che parlare del “comice”. Mi secca chiedere spiegazioni. Penso che ci sarà qualche comizio. Ma perché è tanto importante? C’è chi dice che ci sarà. Anna invece sostiene che non si farà. ” L’importante — aggiunge- è che finiscano la strada ” continuo a non capire “che strada?” Questa vedi che stiamo percorrendo”. Ad un tratto, infatti, c’è un’interruzione, passiamo su una derivazione di terra rossa battuta. Ogni volta che incrociamo un altro mezzo, viaggiamo per un po’ avvolti in una spessa coltre di polvere rossa. Per fortuna la macchina ha l’aria condizionata e viaggiamo con i finestrini chiusi. ” Qui c’è da prendersi la silicosi” dice Mon Père che guida nella polvere come un forsennato. Anna lo chiama, per nome, Giovanni. Si conoscono ed operano insieme da tanti anni. Io non me la sento. Anna mi ha raccontato che fino a poco fa i duecento chilometri erano tutti di pista. A volte nella stagione delle piogge, ci volevano fino a sei ore per percorrerli, sperando sempre di non rimanere impantanati in qualche avvallamento. ” Sei fortunata. Tra breve la strada sarà finita e potremo andare su e giù tranquillamente. E sarà una bella strada: i tecnici e gl’ingegneri sono italiani, l’amministrazione francese”.
Giovedì 4 Gennaio
Mon Père e Anna parlano tra loro in francese, con me parlano in italiano, ma i termini che usano non li capisco. Li guardo così infervorati nei loro progetti. E penso. Il loro è un gran bel sodalizio: energici, determinati, appassionati riusciranno a mettere su questa scuola. Cercherò di dare una mano. Il progetto è pronto e già approvato dalle autorità. Si tratta di trovare i finanziamenti e di soldi, di franchi camerunesi, ce ne vogliono tanti, ma proprio tanti… Una scuola di quattro anni, per ragazzi con tanto di studi tecnici, per divenire falegnami provetti e sarà un giovane, già assoldato, svizzero, competente che li guiderà insieme ad altri insegnanti esperti. Quello che sicuramente non manca è la materia prima: foreste di alberi pregiati i cui tronchi, tagliati in grandi blocchi, per ora, se ne vanno all’estero per essere trasformati In quanto a me che conosco un po’ di francese da turista, e non so nulla di Africa, il problema da affrontare: sarà lavorare sodo per colmare le immense lacune…. Quante di cose ne devo imparare!? Tante.
Ho conosciuto gli altri “mon pere” e anche delle “ma soeur”. Si chiamano tutti così tra loro. Anche a me è toccato, sono anch’io ” ma soeur”. Sono seduta con Anna nella veranda. Ho di fronte un giardino limitato da canne di bambù, al di là una fitta vegetazione di palme, di banani, di alte erbe. Intravedo qualche tetto più in basso, e sento delle voci di bambini. Uno, due, tre polli (piccoli piccoli) passano tra le canne e s’inoltrano nel giardino. Beccano qua e là. Chiudono l’orizzonte, sovrastando tetri, due monterozzi coperti da una densa boscaglia da cui emergono spuntoni di rocce. La casa in cui per ora abitiamo, mon Père l’ha avuta in prestito dal vescovo perché questa zona è di proprietà vescovile. E una casa grande con veranda varie stanze magazzini. Per dormire ogni camera, anche se piccola ha il proprio bagno. E’ un due chilometri distante dalla città, sulla collina a settecento metri sul mare circondata da tanto verde fatto di palme, di banani, di alberi di manghi grandi come querce. Mi hanno detto che a giugno i manghi matureranno e allora sarà una vera e propria delizia assaporarli, “se gli innumerevoli ragazzi del luogo ce lo permetteranno” commenta Anna. E aggiunge ” siamo in Africa sappiamo apprezzare i suoi lati buoni. Da quelli cattivi cerchiamo di proteggerci, anche se con poco successo”. E si riferisce, in particolare alla malaria (la malaria imperversa ed è difficile tenersene fuori). Accanto alla nostra costruzione, oltre ad una vertiginosa chiesa in stile gotico (primo novecento) una serie di stanze ben attrezzate, camere con letti a castello e materassi e lenzuola e docce sono pronte per ricevere gli alunni della nuova scuola. Un concorso è indetto per la scelta degli studenti. I requisiti? Non più di sedici anni un po’ di conoscenze di base e provenienza anche dal nord del paese, e -perché no?- anche qualche pigmeo. Questa faccenda dei pigmei, lo confesso m’incuriosisce molto. Giù in città è già operante un ben attrezzato atelier con tutto ciò di cui abbisogna una falegnameria che si rispetti. I macchinari provengono da lontano dall’ Italia. Lì erano superati, qui vanno benissimo. Grandi cataste di legname pregiato (acquistate da mon Père con saggia previdenza) fanno la differenza. Ho conosciuto i sette otto operai, giovani di bella presenza, (mi preoccupa il fatto che dovrò elaborare i loro salari. Speriamo bene, mi dico) Per ora provvedono a produrre sedie, tavoli, porte e finestre, mobili da ufficio dalla cui vendita si dovrebbe riuscire a sostenere almeno in parte i costi dell’iniziativa. Mon Père è preoccupato: gli acquirenti si dimenticano spesso di pagare. Si escogitano sistemi per superare l’impasse.
Il viaggio
Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CamerunData di partenza
1991Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Gli altri racconti di Isabella Paci
Partita doppia
Lunedì 8 Gennaio Oggi, Mon Père mi ha spiegato che cosa si aspetta da me. Quello che...
Il progetto decolla
Ho trascorso vari lunghi periodi in quest'angolo d' Africa, Prima su in collina, a tre chilometri...
Tutto è in funzione
Due anni dopo. La grande costruzione è in via di conclusione. È stato costruito tutto, mancano...
Una lama di amchete
Inaugurazione... gita a Yaounde... rientro in patria Partecipiamo alla grande inaugurazione con le autorià del luogo, delle...