Mestieri
casalingaLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
SvizzeraData di partenza
1944Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Nel giugno del 1944 i fascisti continuano a perseguitare la famiglia Luzzati che cerca e trova, in via definitiva, la strada per fuggire in Svizzera. In queste pagine della sua memoria Adriana ricorda i passaggi principali di quei giorni concitati.
Finalmente venne quel giovedì in cui dovevamo lasciare Merate; a mezzogiorno prendemmo un treno della Nord per un paese del Varesotto, Solbiate, dove arrivammo nel pomeriggio; trovammo un uomo alla stazione che ci indicò il cammino che dovevamo percorrere e ci consigliò di fare una bella faccia allegra: camminammo sbagliando strada, passammo per il paese mentre ci avevano raccomandato di evitarlo, imboccammo una via Crucis che ci doveva portare al Santuario. Di fronte alla chiesa c’era una casa, vicino alla quale stava una donna alla quale dovevamo chiedere un bicchiere d’acqua, come da istruzioni ricevute; era una parola d’ordine, e la donna subito, avendo capito che eravamo le persone che aspettava, ci fece entrare in casa. Ci relegò in una camera dove c’erano due letti (anche la famiglia di Bianca aveva soggiornato qui) ci diede qualche cosa da mangiare e da bere e ci disse di attendere fino al mattino dopo quando ci avrebbero chiamati assai presto per partire: ci mettemmo subito a dormire perché eravamo stanchi ma molto incoscienti perché non pensavamo al pericolo che stavamo correndo, ridevamo e trovavamo grottesco il fatto di essere accampati a quel modo. Verso le quattro di mattina ci vennero a chiamare e di dissero che erano sorte delle difficoltà per cui dovevamo sborsare 5000 lire in più del pattuito, somma che riuscimmo a racimolare a mala pena; verso le cinque partimmo con valigie e valigine. Camminammo per circa cinque minuti in un bosco e poi ci fermammo ad aspettare il doganiere che doveva farci passare il confine. Intanto i contrabbandieri se ne erano andati e noi stavamo soli in mezzo ad un bosco con il doganiere che tardava e con la paura che ci piantasse in asso e che arrivassero i tedeschi. Si sentivano delle campane suonare, i cui rintocchi ci andavano al cuore. Sapemmo poi che erano i rintocchi delle campane svizzere. Finalmente arrivò il doganiere che ci fece strada in salita in mezzo al bosco. Per fortuna c’era chi portava il bagaglio, io portavo solo la famosa borsa verde ma era molto faticoso. In un quarto d’ora arrivammo alla rete di confine: le reti lungo tutto il confine erano munite di campanelli in modo che se qualcuno le toccava avrebbero suonato: i contrabbandieri o i doganieri avevano riempito i campanelli di cotone in modo che non suonassero: ci ordinarono di abbassarci per evitare di essere visti dalla ronda, poi ficcarono sotto alla rete prima le valigie e poi noi e indicarono la strada per raggiungere il posto di frontiere della Svizzera, e noi ci precipitammo di corsa giù per la discesa. Se ci fossimo girati avremmo visto i tedeschi alle nostre spalle. Era il 16 giugno 1944! Ci trovammo al di là della rete, con cinque valigioni in terra da trascinare in fretta, perché essendo ancora territorio neutro ci avevano avvisato che se ci avessero visto i tedeschi potevano ancora spararci. Mentre Fausto prendeva gli ultimi accordi con le guardia e si faceva indicare la strada da seguire per raggiungere la casa della dogana svizzera, io presi due valigie, e incominciai a scendere di corsa giù per la discesa, per allontanarmi dalla frontiera, anche la Mamma scese rapidamente e poi aspettammo Fausto e con lui andammo verso la casa della dogana, dove vedemmo un soldato che fu molto gentile e ci aiutò a portare dentro le valigie, poi ci fece accomodare in una stanza, mentre Fausto andava con lui nell’ufficio per spiegare il nostro caso e per consegnare i documenti. Avevamo una gran paura che non cì accettassero e ci rimandassero indietro, nelle mani dei tedeschi, invece fummo fortunati, non fecero nessuna storia, e ci accettarono: vollero però controllare quello che portavamo nelle valigie e ci sequestrarono un taglio di stoffa da paletot, che poi dovemmo riscattare per riavere. Ci offrirono caffè e biscotti, dicendoci: qui comincia l’ospitalità svizzera “Dalla finestra potevamo vedere i soldati tedeschi che facevano la ronda, e gli svizzeri ci consigliarono di allontanarci dalla finestra per non dare nell’occhio. Eravamo molto contenti di essere finalmente liberi; eravamo entrati in Svizzera alle 6,3°, ora italiana,7.30 ora svizzera.
Il viaggio
Mestieri
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SvizzeraData di partenza
1944Periodo storico
Periodo tra le due guerre mondiali (1914-1945)Gli altri racconti di Adriana Luzzati
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