Mestieri
insegnanteLivello di scolarizzazione
laureaPaesi di emigrazione
CinaData di partenza
1988Periodo storico
Periodo contemporaneo (dal 1977 ai giorni nostri)Luisa è in Cina nella primavera del 1989, mentre gli studenti animano le proteste contro il governo per invocare maggiori libertà.
Dopo più di un mese di agitazioni, apprensioni, attese per quello che sembra ormai essere imminente ma mai accade, la notte del 31 maggio decidiamo con Irma di partire per Pechino. Ci spinge la curiosità di verificare in loco come sia realmente la situazione che da tempo è in una fase di stasi; c’è troppa calma in giro e non è chiara la politica del Governo che sta ad osservare senza far nulla. Approfittando dell’invito ufficiale dell’Ambasciatore d’Italia al ricevimento del 2 giugno, anniversario della nostra Repubblica, riusciamo a farci dare dalla scuola una settimana di permesso. Siamo molto eccitate per questa opportunità che ci è stata insperatamente offerta e ci conforta il fatto di venire ospitate a Pechino all’Università di Lingue straniere da un insegnante jugoslavo conosciuto a Xi’an. Fino all’ultimo momento sembrava che non saremmo mai riuscite a prendere un treno, ma la scuola usando la “porta di dietro” è riuscita a procurarci i biglietti in cuccetta di seconda classe. La stazione è gremita di gente, all’esterno lunghe file davanti alle biglietterie impediscono di accedere all’atrio e crocchi di contadini con immensi fagotti, seduti per terra sotto il portico attendono pazientemente i treni mangiando, chiacchierando o dormendo stesi su fogli di giornale. Giovani donne tengono in braccio bambini che lasciano intravedere dallo spacco dei calzoncini il nudo sederino; vecchi contadini infagottati in vestiti di grosso cotone blu, si aggirano con sguardo assente tra la folla e nonne dai minuscoli piedi caracollano sorrette dai nipoti. Gli uomini più giovani si spostano continuamente avanti ed indietro, indaffarati a verificare gli orari, ad acquistare i biglietti, a trasportare faticosa-mente enormi bagagli che, scaricati dai portapacchi delle bici, entreranno negli stipati vagoni. Radio e televisione da tempo non danno più notizie sulla situazione a Pechino e quindi migliaia di studenti ogni giorno, da ogni parte del Paese, prendono d’assalto i treni diretti alla Capitale per andare a controllare di persona ed associarsi ai loro valorosi compagni. Inizialmente questi trasferimenti di massa venivano visti con occhio benevolo e gli studenti potevano viaggiare senza biglietto, ma ora dopo “l’inopportuno” discorso rivolto da Gorbaciov alla gente riunita in piazza Tian An Men, a lungo applaudito dal popolo ma non gradito ai politici, tutto è stato posto sotto stretto controllo. La pressione della gente che vuole entrare nell’area dei binari è enorme e schiaccia le persone contro i cancelli tenuti rigorosamente sbarrati fino all’ultimo. All’arrivo del treno la massa improvvisamente liberata dal vincolo delle sbarre irrompe spingendo con le mani, i gomiti e le ginocchia fino a schiacciare le persone contro i vagoni sui quali è estremamente difficoltoso salire. Il controllore accetta rigorosamente solo chi ha la prenotazione; gli scompartimenti, dal tetto a cupola e con sei ampie cuccette, sono senza porte per cui ci sembra di essere in un unico dormitorio ambulante. I letti, in finta pelle nera, sono ricoperti da un un grigiastro lenzuolo; un cuscinetto, rigonfio di semini scricchiolanti che si accumulano in due scomodi rigonfiamenti ai lati della testa, completa il nostro corredo notturno. Il pavimento è tappezzato dalla solita moquette rossa, il finestrino dello scompartimento è protetto da una fitta rete per evitare che entrino grossi pezzi di fuliggine anche se ciò non impedisce al fumo, che le locomotive a carbone eruttano in consistenti nubi, di intossicare l’aria dei vagoni. Sotto al finestrino giace un cestello con una coppia degli immancabili termos di acqua bollente per il tè. In questa situazione, non proprio ideale, inizia il nostro lungo viaggio. Un ragazzo, ormai transitato per il corridoio infinite volte, accenna ad un sa-luto in inglese; lo invitiamo a sedere offrendogli di condividere con noi la cena, accetta l’ospitalità ma non vuole mangiare. Ci racconta che, oltre ad essere sprovvisto di cibo, non ha neppure il biglietto di viaggio per cui deve continuare a spostarsi su e giù per il treno e restando con noi può riposarsi senza venire importunato dal bigliettaio. Nella sua stessa situazione, sparsi nei vagoni, viaggiano alcuni suoi amici e tutti stanno andando a Pechino. Dopo un rassicurante sondaggio sulle nostre idee riguardo al movimento studentesco e grazie alla segretezza data dalla lingua inglese, incomprensibile ai cinesi presenti, il ragazzo si sente libero di parlare e ci racconta la sua storia. “Mi chiamo Wu Xiao , ho 23 anni e studio legge all’Università di Xi’an dove sto per laurearmi. Dopo la morte improvvisa di Hu Yaobin, perso con lui uno dei leader del Rinnovamento, noi studenti abbiamo cominciato a muoverci e l’organizzazione nelle Università, grazie proprio alle strutture delle attivissime Associazioni Giovanili Comuniste, è stata capillare, efficiente e facile da gestire. All’inizio ci eravamo illusi di riuscire a far sentire la nostra voce ed addirittura ci eravamo convinti di aver fatto aderire alla nostra causa alcuni uomini di potere dato che, per circa un mese, non c’era stato alcun intervento repressivo da parte del Governo. La grande illusione si è spenta quando i mezzi di comunicazione sono stati interrotti; per un po’ di tempo abbiamo continuato a ricevere notizie attraverso il telegrafo poi anche gli uffici postali sono stati bloccati ed ora non ci resta che andare a verificare di persona. Da qualche giorno, per impedire l’afflusso di gente verso Pechino, non vengono più venduti biglietti perciò per salire sul treno ne abbiamo comperato uno qualsiasi e siamo costretti a spostarci da un vagone all’altro fino a notte fonda aspettando che i controllori vadano a dormire. Siamo partiti con l’intento di dare il cambio a quei ragazzi che in piazza Tian An Men stanno facendo da giorni lo sciopero della fame; sappiamo che sono esausti e il caldo di questo mese di maggio li ha sfiniti Sono seduti per terra attorno alla Statua della Libertà, malamente riparati da un telo di plastica, con un cordone di militari che li accerchia completamente impedendo loro qualsiasi contatto con l’esterno. Abbiamo elaborato una strategia che speriamo vincente; ci avvicineremo in gruppo alla barriera di militari e cercheremo di scambiarci con i nostri fratelli sfruttando il principio fisico dell’osmosi”.
Mentre stiamo rivalutando le riflessioni di Wu, un forte colpo ci fa sobbalzare; un sasso, spaccando il vetro del finestrino del corridoio, irrompe nel vagone. Un urlo e una giovane donna, che passava il tempo seduta in corridoio chiacchierando e guardando le luci dei villaggi scorrere nella notte , si alza dal sedile, la faccia piena di sangue che sgorga dall’occhio colpito da schegge di vetro. Dai villaggi situati lungo la rotabile i ragazzini spesso si divertono a lanciare bottiglie vuote e sassi contro i treni che passano; purtroppo questa volta hanno fatto centro. E’ ormai notte fonda e gli studenti si ritirano da qualche parte in giro per il treno; il viaggio prosegue lentamente e le luci finalmente spente consentono alcune ore di riposo. Il mio è un sonno pieno di incubi, di militari sghignazzanti col mitra puntato, di interrogatori, di manganelli, di gente che fugge. Alle 6 del mattino implacabile si accende la radio che, a tutto volume, gracchia avvisi sulle fermate, intona canzoni patriottiche e propina ordini per la corretta manutenzione del posto occupato sul treno.
L’arrivo a Pechino nel pomeriggio è scioccante: i binari a destra ed a sinistra del nostro treno sono occupati da tradotte militari e noi tutti sfiliamo in mezzo a soldati col mitra puntato; sembra di essere in stato di guerra. La gente scivola via silenziosa, ricompare Wu Xiao con il suo gruppo che, per sfuggire al controllo all’uscita, si sparpaglia aggregandosi ad insospettabili contadini. Nel salutarli cerchiamo di lasciar loro un po’ di soldi, non li accettano e ci ringraziano con un sorriso, l’amicizia è fatta, promettiamo di rivederci nei prossimi giorni in piazza Tian An Men.
Il viaggio
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CinaData di partenza
1988Periodo storico
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